Hans Küng si è spento: se ne va un pezzo di storia della Chiesa

Si potrebbe dire che con la morte di Hans Küng (Sursee, Svizzera, 19 marzo 1928 – Tubinga, Germania, 6 aprile 2021) se ne va via un pezzo di storia della Chiesa, anche un po’ svizzera. L’antagonista di Giovanni Paolo II, l’»amico» di Joseph Ratzinger, (data la lunga conoscenza) il quasi riabilitato (almeno secondo l’opinione di Küng stesso) da papa Francesco. E ancora il teologo esperto nel Concilio Vaticano II, condividendo questo ruolo con altri teologi, tra i quali Ratzinger. I suoi libri come «Infallibile? Un’inchiesta»," Essere cristiani «o «Dio esiste?» sono stati dei veri e propri bestseller che hanno contraddistinto un’epoca forse a noi lontana, fatta di dibattiti e conflitti aperti di cui la terra elvetica e quella tedesca sono state teatro e casa per lo stesso Küng e chi lo ha seguito. Idee che lo hanno inesorabilmente portato in conflitto con il mandato di teologo nella Chiesa cattolica. L’aver messo in discussione il dogma dell’infallibilità del Papa, nel 1979 gli valse la revoca (da parte della Congregazione per la Dottrina della Fede Cattolica) della missione per insegnare teologia cattolica. Gli restò l’insegnamento della teologia ecumenica, presso l’Università di Tubinga in Germania, dove tenne una cattedra frequentatissima. La questione dell’infallibilità fu il punto di rottura con Giovanni Paolo II. Come si sa, dopo lunghe discussioni, nel 1870 il Concilio Vaticano I aveva stabilito che il Papa è infallibile solo «quando parla ex cathedra, cioè quando esercita il suo supremo ufficio di Pastore e di Dottore di tutti i cristiani, e in forza del suo supremo potere Apostolico definisce una dottrina circa la fede e i costumi», dunque le verità di fede (dogmi) e quelle di morale. Secondo la Chiesa cattolica è nel Vangelo che si trova il fondamento di questa dottrina, quando Gesù prega affinché la fede di Pietro non venga meno, e il motivo di questa indefettibilità nella fede sarebbe da ricercarsi proprio nel ruolo di Pietro chiamato da Cristo a «confermare i suoi fratelli» (Lc 22,31-32). Secondo la Chiesa cattolica l’efficacia di questa preghiera di Gesù fonda l’infattibilità in materia di proclamazione di dogmi e di morale. Ci sono poi riferimenti a testi di Padri della Chiesa e ad una tradizione. Fatto sta che la questione del dogma dell’infallibilità, fissato in un certo momento e contesto storico, e l’applicabilità del dogma dell’infallibilità nei confronti dei pronunciamenti papali, ha visto in Küng (e non solo lui) un profondo critico soprattutto dei limiti e termini dell’applicazione di questa infallibilità. Küng -a partire da una sua riflessione storico-teologica- avrebbe voluto abolire l’infallibilità o almeno sottoporla ad una revisione radicale. Ma oltre alla questione dell’infallibilità Hans Küng  si espresse anche contro altre posizioni della Chiesa in materia di morale sessuale e di bioetica, di ordinamento della Chiesa cattolica (aspra critica a quello che definiva «il centralismo romano») e nuovamente su temi legati al papato. Va detto che negli ultimi 30 anni, Küng è stato particolarmente impegnato nel dialogo tra le religioni del mondo, soprattutto nel «Global Ethic Project» conosciuto anche con il nome di progetto «Weltethos». Küng ha pubblicato nel 1990 il libro «Project Global Ethic». Sulla base della filosofia di Kant, il teologo svizzero ha perseguito la questione dei valori che uniscono tutte le persone e tutte le religioni. Questo progetto Weltethos è stato istituzionalizzato a Tubinga con la nascita di un istituto. Quando papa Benedetto XVI accolse il teologo svizzero a Castel Gandolfo nel 2005, espresse il suo apprezzamento per il «Progetto di etica globale» e per il dialogo tra scienza, ragione e fede che Küng negli anni, ha promosso. Evidentemente restavano lontani, Küng e Ratzinger, sulle questioni dottrinali. Poco tempo dopo l’elezione di Bergoglio, Küng scrisse una lettera al primo papa latino-americano e, con sua grande gioia, ricevette una risposta «manoscritta e fraterna». Con questa corrispondenza Küng si considerava, dal suo punto di vista, «quasi informalmente riabilitato», come egli stesso ebbe a dire.  Con la sua morte se ne va un pezzo di storia della Chiesa: quell’epoca di battaglie teologiche tra Küng e Roma, soprattutto tra il teologo svizzero e San Giovanni Paolo II, con quasi «in mezzo» l’allora cardinale Ratzinger a capo della Congregazione per la dottrina della fede, chiamato a precisare. E spesso attaccato dal teologo svizzero. Un pezzo di storia se ne va, probabilmente resta e continuano ad essere fortemente presenti in area germanofona istanze su questi temi più discussi e altri, soprattutto etici ma anche ecclesiologici. Oggi dal Vaticano è venuto il commento della Pontificia Accademia per la Vita, che ha twittato: «Scompare davvero una grande figura nella teologia dell’ultimo secolo, le cui idee e analisi devono fare sempre riflettere la Chiesa, le Chiese, la società, la cultura«. Non può essere certo una riabilitazione da parte di Roma, semmai il riconoscimento che l’antagonismo teologico può in taluni casi spingere la Chiesa cattolica, il movimento ecumenico e quello del dialogo interreligioso a precisare, discutere, chiarire, approfondire la verità, evitando -come direbbe papa Bergoglio- di ritenere quest’ultima, un museo.

(agenzie/red)

Chiesa cattolica svizzera

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