Pasqua nelle parole di Erri De Luca e mons. Tonino Bello

Se è vero che Pasqua è celebrata dagli ebrei e dai cristiani questo non impedisce che la sua forza d’amore e di vita contagi ogni donna e ogni uomo che, pur non sapendolo, vivono lo spirito delle beatitudini.  Lo dimostra un «non credente», onesto e inquieto cercatore della verità, lo scrittore italiano, Erri De Luca:

«Pasqua è voce del verbo ebraico ›pèsah’, passare. Non è festa per residenti, ma per migranti che si affrettano al viaggio. Da non credente vedo le persone di fede così, non impiantate in un centro della loro certezza ma continuamente in movimento sulle piste. […] Ogni volta che è Pasqua, urto contro la doppia notizia delle scritture sacre, l’uscita d’Egitto e il patibolo romano della croce piantata sopra Gerusalemme. Sono due scatti verso l’ignoto. Il primo è un tuffo nel deserto per agguantare un’altra terra e una nuova libertà. Il secondo è il salto mortale oltre il corpo e la vita uccisa, verso la più integrale resurrezione. […] Allora sia Pasqua piena per voi che fabbricate passaggi dove ci sono muri e sbarramenti, per voi apertori di brecce, saltatori di ostacoli, corrieri ad ogni costo, atleti della parola pace».

Ai cristiani e agli uomini onesti e buoni spetta aprire brecce, costruire ponti, abbattere muri, saltare e correre per cercare e portare notizie di vita, di resurrezioni, di deserti che fioriscono, di nuove libertà e di vita che nasce e rinasce oggi,  soprattutto oggi, nel tempo del Covid 19, nonostante e a partire dalle paure e dalle  incertezze che appesantiscono le nostre giornate.

Per Pasqua facciamoci un regalo, un augurio speciale: a noi stessi, a chi amiamo, a chi non ci ama e non amiamo, a ogni persona che popola la terra scriviamo e diciamo con il cuore le parole di un grande figlio della Puglia, il vescovo Tonino Bello: 

«Vorrei che il mio augurio, invece che giungervi con le formule consumate del vocabolario di circostanza, vi arrivasse con una stretta di mano, con uno sguardo profondo, con un sorriso senza parole! Vorrei togliervi dall’anima, quasi dall’imboccatura di un sepolcro, il macigno che ostruisce la vostra libertà, che non dà spiragli alla vostra letizia, che blocca la vostra pace. Posso dirvi però una parola. Sillabandola con lentezza per farvi capire di quanto amore intendo caricarla: ›coraggio’! La risurrezione di Gesù Cristo, nostro indistruttibile amore, è il paradigma dei nostri destini. La Risurrezione. Non la distruzione. Non la catastrofe. Non l’olocausto planetario. Non la fine. Non il precipitare nel nulla. […] Il Signore è risorto proprio per dirvi che, di fronte a chi decide di ›amare’, non c’è morte che tenga, non c’è tomba che chiuda, non c’è macigno sepolcrale che non rotoli via. […] La strada vi venga sempre dinanzi e il vento vi soffi alle spalle e la rugiada bagni sempre l’erba cui poggiate i passi. E il sorriso brilli sempre sul vostro volto. E il pianto che spunta sui vostri occhi sia solo pianto di felicità. E qualora dovesse trattarsi di lacrime di amarezza e di dolore, ci sia sempre qualcuno pronto ad asciugarvele. Il sole entri a brillare prepotentemente nella vostra casa, a portare tanta luce, tanta speranza e tanto calore».

Fonte: la voce di New York, diacono Francesco Armenti

Chiesa cattolica svizzera

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