Giovani e covid, non solo rinunce. A Varese l'oratorio diventa una «bolla» in cui vivere un'esperienza di comunità

Sono usciti domenica scorsa per festeggiare la domenica delle Palme e hanno distribuito ai parrocchiani i rametti di ulivo da loro confezionati. Sono 9 ragazze e 13 ragazzi fra i 16 e 18 anni, e un giovane prete. Hanno trascorso tre settimane insieme, nella bolla, progetto nato nell’Oratorio Luigi Molina di Biumo, a Varese.
L’idea è partita da Leonardo, studente di terza superiore, che si è lasciato ispirare dai giocatori della Nba, il principale campionato di basket nordamericano, «confinati» nel resort di Disney World, in Florida. Ha chiesto a don Gabriele Colombo, sacerdote di 35 anni, responsabile della pastorale giovanile della Comunità «Beato Samuele Marzorati», di chiudersi insieme in oratorio per evitare l’isolamento imposto dalla pandemia di coronavirus. «Questa intuizione è nata dopo il primo lockdown, quando eravamo tutti da soli rinchiusi in casa, in solitudine e tristezza», queste le parole di Leonardo che ha avanzato l’ipotesi di una vita comune per condividere il momento di reclusione. «Un progetto che ha avuto un tempo necessario per poterlo sviluppare e portare a termine», dichiara don Colombo non nascondendo le difficoltà nel confrontarsi con le norme, scrivere il progetto e presentarlo al Prefetto di Varese che si è fatto portavoce della proposta alla quale è giunta risposta nel mese di gennaio scorso. Dopo un periodo di preparazione e i tamponi per accertarsi di non essere positivi al covid, è iniziata l’esperienza di comunione inizialmente di quattordici giorni, poi diventata di tre settimane.
Don Colombo ha gestito con i ragazzi l’organizzazione della giornata, ben scandita da una precisa routine: sveglia alle 7, colazione, recita delle lodi, didattica a distanza, pranzo preparato da un cuoco esterno. Nel pomeriggio, attività ricreative nell’ampio spazio dell’oratorio come sport e musica, cena preparata dai ragazzi stessi, momento di preghiera.
In queste tre settimane nessuno è uscito, nessuno è entrato. Il contatto con l’esterno è stato mantenuto con telefonate e videochiamate, ma niente post su Instagram , Tik Tok o altri social media.
Non una carcere, ma nemmeno un’isola felice, sottolinea don Colombo: «Il nostro stare insieme ha un motivo preciso. È la risposta alla domanda dei ragazzi di un’alternativa e vive attorno ad un centro: quella fraternità evangelica che nasce dalla cura che si ha per l’altro, guardando all’esempio di Gesù». La «vacanza di quaresima nella bolla» ha visto il libero contributo di ciascuno dei ragazzi che si sono pagati da sè il tampone, e hanno diviso i costi dei pasti e della gestione del luogo. «La cosa più bella di questa esperienza è stato vedere tutti sereni, sorridenti, e non è poco», spiega don Gabriele.
Nelle corso delle serate, attraverso degli incontri online, i ragazzi hanno avuto modo di conoscere alcune figure importanti per la loro città.
Di questa esperienza, che ha avuto molti echi positivi, si ritornerà a parlare attraverso le testimonianze dei ragazzi anche con lo scopo di approfondire questo esperimento pilota, affinarlo, riproporlo, promuoverlo.

(agenzie/red)

L’esperienza spiegata e raccontata in un video:

https://www.agensir.it/wp-content/uploads/2021/03/progettoBollaCovidVarese_27mar2021.mp4?_=1

Chiesa cattolica svizzera

https://www.catt.ch/newsi/giovani-e-covid-non-solo-rinunce-a-varese-loratorio-diventa-una-bolla-in-cui-vivere-unesperienza-di-comunita/