Il mistero di un Uomo-Dio che gioisce e trema per me

Entrare nella Settimana Santa è come entrare nel cuore del mistero di Dio e dell’uomo, e soprattutto nel cuore del mistero dell’Uomo-Dio, Gesù Cristo. In questi giorni, per Lui si è compiuta l’ora, il momento sacro per cui è venuto a vivere in mezzo a noi per salvare l’umanità intera. La Settimana Santa è il tempo del grande appuntamento fissato dal Padre col Figlio per la nostra salvezza. Per questo, quando Gesù alla fine dell’ultima cena inizia la sua lunga e intensa preghiera al Padre, lo fa con queste parole: «Padre, è giunta l’ora!» (Gv 17,1). Quest’ora è un appuntamento d’amore fissato fra il Padre e il Figlio fin dall’eternità. Appuntamento d’amore eterno fra di loro, ma anche con noi, soprattutto con noi. Appuntamento di Dio con l’angoscia, l’abbandono, la tristezza mortale che tormenta il cuore umano; appuntamento con la vita che il peccato ha esposto all’odio e alla morte.
Come lo crede la fede e lo vediamo espresso nelle rappresentazioni sacre della sua discesa agli inferi, Gesù entra fino in fondo nel dramma dell’uomo per dare la mano ad Adamo ed Eva, che si erano persi fin dall’origine, e con loro a tutta l’umanità. E li risuscita, li accompagna fuori dalle tenebre e li porta in Paradiso, come il ladrone pentito crocifisso accanto a Lui. Li porta con sé nel suo rapporto di comunione con il Padre, li riporta alla casa del Padre per vivere da figli di Dio.
La gioia di salvarci accompagna Gesù fin dentro la Passione. Ma lo accompagna anche il tremore di fronte alla possibilità che l’uomo rifiuti questa salvezza.
La gioia e il tremore appartengono entrambi all’amore: lo sanno bene i genitori nel rapporto con i loro figli, o gli sposi fra di loro, o gli amici. Gioia di donare la vita e tremore che il dono possa non venir accolto. Ma se la gioia e il tremore non fossero uniti nell’atto di amare, non si amerebbe davvero la libertà dell’altro, non si amerebbe la sua libertà di amare chi lo ama e di trasmettere l’amore ricevuto.
Forse basterebbe, per entrare con verità nella Settimana Santa, pensare alla gioia e al tremore di Dio per noi, per ognuno di noi, per me e per l’altro, anche per il mio nemico. Basterebbe pensare che Cristo ci ama così, che così ci ama il Padre, che è così l’amore dello Spirito Santo. Basterebbe pensare al cuore di Cristo. Che mistero un Dio che gioisce e trema per me! Sappiamo di non meritarlo, ma questo non fa che accrescere il valore senza misura di essere amati così.
Non pensarci, non gioire e tremare noi di fronte a questo amore infinito, questo è il vero male, il vero peccato, la distrazione crudele con cui la nostra libertà rinnega il Signore. Ma basta pensarci, metterci lì in silenzio, fermarci a pensare, a ricordare; basta pensare al cuore di Cristo, alla sua gioia e al suo tremore per noi, più potenti in lui di ogni piaga e dolore della Passione, più potenti di ogni abbandono, anche del nostro; più potenti del peccato e della morte!
Cominceremmo a vedere, come a una luce d’aurora, che anche la Risurrezione è un mistero di gioia e tremore di Dio per l’uomo. Vedremmo come gioisce e trema anche il cuore del Risorto quando torna verso di noi, ci raggiunge, ci parla, ci corregge ed esorta, ci accompagna sul cammino della vita, qualunque esso sia. E come Pietro, ci stupiremmo di sentire Dio mendicare il nostro amore: «Mi ami tu?» Proprio questa domanda risuscita l’amore in noi, per Cristo e per il mondo intero, riempiendoci ancora, e sempre di nuovo, della sua gioia e del suo tremore, vibrazioni divine della speranza di cui abbiamo, oggi più che mai, tanto bisogno per amare la vita.

di Mauro Giuseppe Lepori, abate generale dei cistercensi

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Chiesa cattolica svizzera

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