Sospesi tra il cielo e la terra, per scoprire il segreto della vita

Montagne affollate sia in estate che in inverno… che cosa sta succedendo? Che cosa cercano le persone? Non c’è il rischio di esagerare? La relazione tra uomo e montagna ha una lunga storia: per secoli le comunità agro-pastorali per sopravvivere sfruttavano il territorio dall’esiguo fondovalle fino all’ultimo ciuffo d’erba sui crinali. Da metà Novecento la vita si è poi spostata sul fondovalle e gli spazi alpini si sono vieppiù trasformati in ambiti scenari di svago, sport e vacanza. Ai nostri giorni – complici anche le restrizioni legate alla pandemia – la montagna è presa d’assalto come se fosse un eden perduto di silenzio, un «altrove» intatto e catartico. L’uomo sente il bisogno di libertà e di nuovi orizzonti; in questa ricerca esiste anche una dimensione spirituale: si potrebbe dire che la natura (e in particolare la montagna) venga fruita come un nuovo spazio sacro. Ci si mette in viaggio e usciti dall’auto o dal treno si accede a un vasto tempio in cui rientrare in se stessi e ritrovare un centro vitale. L’idea stessa del camminare, dell’essere sospesi tra cielo e terra non è forse una potente metafora dell’esistenza umana? La Chiesa potrebbe guardare a questi fenomeni con un certo scoraggiamento, come ulteriore causa di erosione di fedeli (finito il covid le chiese si riempiranno o rimarranno vuote?); oppure potrebbe cogliere una nuova opportunità, uno spazio che si apre inaspettatamente a un discorso religioso che parte da un desiderio e un bisogno di comprensione e di felicità. È innegabile che sia in corso una privatizzazione della fede, riassunta dallo slogan «Dio sì, Chiesa no». Ma invece che rischiare di barricarsi nel giudizio come fa il fratello maggiore del figliol prodigo, non si dovrebbe accogliere e valorizzare i vissuti di chi si mette in cammino (metaforicamente e non) come autentici itinerari di senso? Che strumenti offrire a queste persone in cammino? Non mancano opzioni online, dalla messa in streaming alle app per pregare, la pandemia ha smosso le acque! Ma si potrebbero pensare altri spazi? Luoghi di accoglienza? Centri per ritiri spirituali? Un’altra carta da giocare è offrire una dimensione religiosa alla crescente sensibilità ambientale: dalla Laudato si’ possiamo attingere a piene mani per dialogare sui temi del rispetto del creato e la cura della nostra casa comune. Nelle nostre meravigliose terre alpine la gente cerca bellezza. È questo il punto centrale. La bellezza ha a che fare con le dimensioni più profonde della nostra esistenza e quando si viene toccati si rimane folgorati e si diventa migliori. Chi ama e vive la montagna lo sa: lassù impari il segreto della vita, non a parole, ma a orizzonti. Mi piace pensare che non siamo noi a scegliere di andare in montagna ma che siamo chiamati, soprattutto in questi tempi difficili: «venite in disparte, in un luogo solitario, e riposatevi un po’» (Mc 6, 31).

Davide De Lorenzi, docente di storia

Chiesa cattolica svizzera

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