USA: l'appello dei vescovi contro la pena di morte non riesce a fermare l'esecuzione di Lisa Montgomery

Il rispetto della dignità e della sacralità della vita umana rende la pena di morte inammissibile e inutile per fare giustizia. Rinnoviamo il nostro appello al presidente Trump a fermare le esecuzioni a livello federale: è arrivato il tempo di farne una priorità e i mezzi ci sono, grazie al Federal Death Penalty Prohibition Act.

Così, in sintesi, nella lettera indirizzata ai membri del Congresso, gli arcivescovi di Oklahoma City e Kansas City,  monsignor Paul S. Coakley e monsignor Joseph F. Naumann responsabili, tra i presuli della Conferenza episcopale statunitense, rispettivamente del Comitato per la Giustizia interna e lo Sviluppo umano e per le attività Pro-life. Nell’anno trascorso – scrivono – il governo federale ha giustiziato più persone di tutti i cinquanta Stati messi insieme, e a gennaio se ne attendono altre tre, dunque al neoeletto Biden che si insedierà il prossimo 20 gennaio, si chiede una moratoria sulle esecuzioni federali e di commutare le attuali condanne in pene detentive. Troppe le persone condannate ingiustamente, e la cosa più grave – sottolineano –  è che tra le persone giustiziate ve ne siano 170 dichiarate poi innocenti. Quindi l’invito a dedicare energie e risorse all’assistenza dei familiari delle vittime che subiscono perdite terribili. «Con le carceri moderne, non abbiamo bisogno della pena di morte per tenerci al sicuro», ribadiscono i presuli. «Possiamo ottenere giustizia senza di essa e rafforzare il rispetto della dignità e sacralità di ogni vita umana che è tanto necessario oggi». Questo è il tempo, concludono, di attuare quanto i pontefici a più voci, San Giovanni Paolo II, Benedetto XVI, Francesco, hanno sempre chiesto: un’abolizione globale della pena di morte.

L’appello dei vescovi statunitensi era arrivato nel giorno di quella che sarebbe dovuta essere l’undicesima pena capitale federale eseguita dallo scorso luglio. Siamo nel penitenziario di Terre Haute in Indiana e l’esecuzione della pena di morte è per Lisa Montgomery, 53 anni, condannata per aver ucciso 16 anni fa una donna incinta all’ottavo mese sottraendole la bambina che portava in grembo. Lisa Montgomery soffre da sempre di disturbi mentali dovuti a una vita di sfruttamento e di abusi sessuali subiti. I suoi avvocati hanno inviato una petizione alla Corte federale dell’Indiana per fermare l’esecuzione, sostenendo che i diritti costituzionali della donna sarebbero stati violati a causa della sua condizione mentale. La notizia della sospensione della pena capitale arriva quando tutto sembrava deciso: il giudice Patrick Hanlon l’ha concessa citando la necessità di valutare le capacità mentali della signora Montgomery. Gli avvocati difensori hanno affermato che l’abuso sessuale subito durante l’infanzia dalla Montgomery abbia portato a «danni cerebrali e gravi malattie mentali». Nonostante i numerosi appelli per la sospensione della condanna, Lisa è stata però uccisa con l’iniezione letale oggi 13 gennaio. Si tratta della prima donna ad essere uccisa dalla giustizia americana dagli anni cinquanta.

Gli Stati Uniti hanno ripreso le esecuzioni capitali a livello federale lo scorso luglio dopo una pausa di 17 anni. Da allora, 10 persone sono state sottoposte a iniezione letale. Nei prossimi giorni saranno giustiziati altri due uomini la cui esecuzione era stata sospesa dopo che avevano contratto il Covid-19.

Lo sgomento della Comunità di Sant’Egidio

La Comunità di Sant’Egidio, insieme ai tanti che hanno in questi giorni sostenuto la battaglia per la vita di Lisa Montgomery, «esprime tutto il suo dolore e il suo sdegno per la decisione crudele di portare comunque a termine la sua esecuzione», nonostante la richiesta di una sospensione per verificare il suo stato di grave disagio psichico. «Un atto che manifesta soltanto un desiderio di vendetta ›legale’, che nulla ha a che vedere con la giustizia, che è sempre lotta per la vita». «L’orrore di questa morte non sana le ferite provocate dalla violenza, ma inietta dosi di odio e disperazione in una società che invece ha bisogno di ragionevolezza, di una giustizia riabilitativa, di misericordia e di perdono». La Comunità di Sant’Egidio esprime anche l’auspicio che la scellerata decisione di riesumare le esecuzioni federali sia presto revocata e si possa aprire una stagione di rispetto per la vita dopo troppa morte». Negli Stati Uniti la pena di morte è in vigore in 29 Stati su 50. Viene inoltre riconosciuto un livello federale per un ristretto ambito di reati: alto tradimento, attentati contro il presidente, crimini collegati al traffico di droga o, infine, omicidi di difficile attribuzione territoriale.

Vatican News/red

Chiesa cattolica svizzera

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