Un romanzo ci racconta la storia del quarto Magio

È la storia di un viaggio, quella che il vaticanista del quotidiano «Avvenire» Mimmo Muolo, ci regala nel suo primo romanzo dal titolo «Per un’altra strada – La leggenda del Quarto Magio», edito dalle edizioni Paoline. Non è un libro storico, né di fantasia. Ma si potrebbe collocarlo nell’universo delle storie che si riraccontano da millenni. Che affondano le loro radici in un’oralità che le ha salvate dall’oblio e che non solo ogni generazione, ma addirittura ogni narratore può far sue, filtrandole attraverso la propria sensibilità, le esperienze della vita e il proprio, personalissimo osservatorio. Immagino un focolare, il deserto sotto la coltre vellutata di un cielo dalle infinite stelle, una voce che si alza sopra il silenzio dei presenti e le parole che si susseguono, una dopo l’altra, inanellando la narrazione. Sempre la stessa. Sempre diversa. «C’era una volta, tanto tempo fa…». La storia la conosciamo, i suoi protagonisti anche, ma sempre nuova ci giunge, a seconda di chi ce la racconta e del punto di vista di chi l’ha vissuta. Qui la voce narrante è quella di Artaban, di colui che diverrà il quarto magio. Se già ben poco sappiamo degli altri tre, a cui Matteo – unico tra gli evangelisti – dedica giusto 12 versetti, senza specificarne né il nome, né il numero e neppure la loro presunta regalità, Artaban è rimasto escluso dalla narrazione evangelica, perché – dice la leggenda – arrivò tardi all’appuntamento col bimbo della mangiatoia. Quando già la sacra famiglia era migrata in Egitto. Arcaban, quindi, non arriva con gli altri magi… il 6 di gennaio. La sua vicenda non si riassume in una data, il suo gesto non si rievoca nella consegna di un dono. Di lui, da generazioni, si rievoca il viaggio. E Mimmo Muolo di questo viaggio fa il centro del racconto. Un viaggio che dura ben 33 anni, in compagnia di brandelli di parole tratte dai Salmi e dal profeta Isaia, che lo guidano al pari della cometa. Viaggio durante il quale si fa prossimo di quegli ultimi che ben conosciamo anche noi: migranti, poveri, prostituite, persone ai margini della società a cui – uno dopo l’altro – regala i doni che aveva tenuto da conto per il bambinello. Il finale ha in serbo un colpo di scena, che dimostra come, a volte, un ritardo può trasformarsi in un inatteso anticipo e il viaggio, già essere la meta. (CZ)

Chiesa cattolica svizzera

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