Sessantasei anni, gli ultimi sette dei quali lontano dalla famiglia, dalla sua comunità di Deir Mar Musa, il monastero fatto rinascere in Siria e divenuto espressione della cultura della convivenza, del dialogo e della riconciliazione. Ieri, mercoledì 17 novembre, era il compleanno di padre Paolo Dall’Oglio, scomparso a Raqqa nel luglio 2013. «Sette anni lunghi e dolorosi – scrive la sorella Francesca in un messaggio – anche se sempre accompagnati dalla consapevolezza che Paolo si sentiva chiamato ad una missione che sentiva profondamente dentro di sé». Missione che aveva ben definito nel suo libro «Collera e luce. Un prete nella rivoluzione siriana»:
«Per ragioni che hanno a che vedere con l’impegno della mia vita, questa è una guerra civile che lacera la mia anima. Vorrei fare qualcosa per fermarla… Ma non voglio vivere una vita che sia altro da un dono radicale».
È in questa occasione che la famiglia di padre Paolo intende ribadire l’importanza della verità nella vicenda del gesuita e per la sorte di «migliaia di siriani scomparsi perché arrestati, sequestrati o peggio, uccisi». Una domanda di verità all’Italia e alla comunità internazionale che è un diritto per chi chiede risposte e un dovere da assolvere. Solo nella verità, infatti, si possono «innestare i semi dell’armonia», «gettare le basi per una futura pacificazione», «guarire tutte le ferite che in questi nove anni di conflitto si sono aperte».
«Riportare a casa – scrive Francesca Dall’Oglio – chi è ancora segregato e dare sepoltura a chi è stato ucciso, offrire finalmente sollievo alle famiglie che da anni aspettano, è un dovere che chiama in causa anche i Paesi occidentali». Solo nella comprensione di quanto accaduto si può continuare a camminare sulla strada della speranza che viene, oggi, anche dalle recenti liberazioni di Silvia Romano, Padre Luigi Maccalli e Nicola Chiacchio, «tutte persone – evidenzia la sorella di padre Paolo – su cui le speranze cominciavano a indebolirsi».
Ed è con questo tipo di ottimismo che si rinnova l’appello a non lasciare intentata nessuna strada. Sarebbe il più bel regalo che si potrebbe fare a Paolo e al suo impegno per l’armonia su questa terra.
Chiesa cattolica svizzera