Il nuovo libro del ricercatore ticinese Lorenzo Planzi

Un libro in tre lingue per raccontare una pagina di storia svizzera poco studiata e poco conosciuta, eppure fondamentale per la definizione di un’identità elvetica: è il nuovo volume di Lorenzo Planzi, dal titolo «Il Papa e il Consiglio federale – Dalla rottura nel 1873 alla riapertura della Nunziatura a Berna nel 1920», edito da Dadò, in cui lo studioso ripercorre le intricate vicende che portarono la Svizzera, il 12 dicembre 1873, a sospendere tutti i rapporti diplomatici con la Santa Sede, sino alla ripresa nei primi anni Venti del secolo successivo. Il volume – che sarà presentato lunedì 9 novembre, in occasione dei festeggiamenti all’università di Friborgo dei 100 anni dalla ripresa dei rapporti diplomatici tra Svizzera e Santa Sede, con interventi del consigliere federale Ignazio Cassis e del cardinale Pietro Parolin – è frutto di un progetto di ricerca di oltre tre anni del Fondo nazionale svizzero, sviluppato tra Parigi, Berna e Roma e attraverso il quale il giovane studioso ha potuto ricostruire i 50 anni di storia svizzera intercorsi senza rapporti ufficiali con la Santa Sede, esattamente dal 1873 al 1920. Anni certo di «sospensione», iniziati sotto il pontificato di Pio IX e terminati con il riavvicinamento auspicato da Benedetto XV, ma – come ci spiega Planzi – non certo infruttuosi: «La nunziatura di Lucerna viene chiusa dopo oltre 300 anni di storia, ma da tempo i rapporti tra la Svizzera e la Santa Sede erano compromessi, difficili da portare avanti da entrambe le parti, a causa del cosiddetto Kulturkampf tipicamente ottocentesco: lo scontro tra cattolici e protestanti, ma anche tra le fazioni politiche dei radicali e dei conservatori. Senza una nunziatura – che è l’organo preposto, in Vaticano, al dialogo con gli altri Stati – i rapporti sarebbero però continuati, inaspettatamente, per altre strade. A riferire alla Santa Sede della Svizzera, invece della voce ufficiale di un nunzio, infatti, troviamo sul finire dell’Ottocento una serie di figure laiche, incaricate in modo «ufficioso» di continuare ad informare il Vaticano della vita del Paese: è quella che chiamerei «diplomazia dei piccoli passi», più discreta e più silenziosa, ma non meno efficace. Anzi, nel tempo, Svizzera e Santa Sede avrebbero riscoperto una vicinanza su altri piani e una nuova forma di comunanza». Il riferimento è all’esito felice della vicenda, con la riapertura, questa volta a Berna, della nunziatura nel 1920, frutto della collaborazione tra Svizzera e Santa Sede nel difficilissimo contesto della Prima Guerra mondiale. È, infatti, proprio nella tragicità di quegli anni che Svizzera e Santa Sede danno vita a una collaborazione umanitaria per offrire sollievo alle migliaia di prigionieri malati e feriti provocati dal conflitto, che sono ospedalizzati in terra elvetica. Proprio questo aspetto è anche quello che più ha colpito il card. Pietro Parolin, che firma la prefazione all’opera di Planzi: «Fu nel segno della carità – commenta il cardinale – che si riprese il cammino del ripristino delle relazioni diplomatiche tra la Svizzera e la Santa Sede. Al di là delle differenze e delle tensioni, esse miravano alla pacificazione tra i popoli, trovandosi così alleate in un’impresa umanitaria di ampio e nobile respiro». Il card. Parolin coglie nel segno, nel percepire, tra le pagine scritte dal ricercatore ticinese, parole e fatti che, dettagliatamente narrati, fanno infine bene al cuore: esse ricordano come da un rapporto, per così dire, semplicemente «diplomatico» tra Stati possa nascere molto di più, un comune slancio verso l’umanità, la condivisione del bene, infine la cura della Casa comune.

Laura Quadri

Chiesa cattolica svizzera

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