Commenti ecumenici all'enciclica «Fratelli tutti»

Molto dialogo interreligioso, ma poco ecumenismo

 di padre Abramo Unal*

Secondo il mio parere, la nuova enciclica Fratelli tutti è molto ricca dal punto di vista umano ed etico, piena di inviti a tutte le persone di buona volontà, sia religiose che politiche. Il Santo Padre ha anche sottolineato il suo desiderio in merito all’economia sociale e alla condivisione delle risorse umane: un invito ai politici affinché si impegnino per il bene di tutti i cittadini del mondo.

C’è anche una grande apertura al dialogo, alla pace e all’amore verso le altre religioni, perché Dio è  creatore e Padre di tutti. Mi è piaciuto questo sguardo del Papa sulla via del dialogo e dell’amore verso tutti i figli e le figlie di Dio, questo invito a tutti i popoli, affinché rispettino e amino tutte le persone come fratelli e sorelle, perché fanno parte della stessa umanità creata dallo stesso Dio.

Nell’enciclica, il   Santo Padre dà molta importanza all’incontro con il grande imam Ahmad Al-Tayyeb del febbraio 2019 ad Abu Dhabi e spera con questo documento di aver trovato la via della riconciliazione tra islam e cristianesimo. Effettivamente, sarebbe affascinante riappacificare le due religioni. Invece vediamo che ci sono ancora conflitti, violenze, persecuzioni, guerre e uccisioni in nome della religione o casi come quello della ri-trasformazione di Santa Sofia in moschea a Istanbul. Penso che ci vorrà ancora molto tempo per arrivare all’auspicio formulato da papa Francesco che tutti siano fratelli. Sappiamo bene che da diversi anni esiste questo dialogo di pace e di fratellanza umana, ma per il momento non se ne vedono ancora i frutti. (n.d.R. Ci permettiamo di considerare la dichiarazione di Abu Dhabi, di fatto, un frutto. Nel testo si condanna della violenza nel nome delle religioni da parte di esponenti musulmani e cristiani e l’impegno a lavorare per la pace. Qui un auterovole commento al riguardo).

In questa enciclica Fratelli tutti, puntando sul dialogo interreligioso e con il mondo, il Papa ha un po’ trascurato il messaggio evangelico, la missione della Chiesa o del discepolo cristiano. Perché il dovere della Chiesa è di annunciare il Vangelo a tutti i popoli affinché credano nel Signore Gesù Cristo, che è Parola di Dio. In questa enciclica, papa Francesco quasi salva tutte le persone, indipendentemente se credono o non credono in Gesù Cristo. Questa non è la visione evangelica: l’invito di Gesù è di credere in Lui e in Colui che lo ha mandato! Di conseguenza, mi sembra che in questa enciclica Francesco abbia dato sì, segnali di grande apertura verso le altre religioni, ma abbia invece trascurato l’ecumenismo e i rapporti e la collaborazione con le altre Chiese cristiane. (n.d.R: il comandamento centrale della fede ricordato da Gesù di Nazareth fonda inequivocabilmente la fraternità come centro della fede. Esso dice di amare Dio e amare il prossimo. Il primo, da solo, non basta. Il Papa nell’Enciclica a partire dalla parabola del buon samaritano e fondandosi su una lunga tradizione teologica, ricordata dal rettore emerito della facoltà di teologia Azzolino Chiappini in questo articolo qui linkato, fonda il suo discorso sulla fraternità a partire dal Vangelo e dall’annuncio di salvezza di Gesù Cristo, che quindi non pare trascurato nel testo).  

Per concludere, desidero esprimere il mio apprezzamento per l’appello dell’enciclica ad accogliere l’immigrato o lo straniero. Ma questi appelli non devono venire solamente dal Papa, bensì da tutti i capi religiosi del mondo, affinché i loro fedeli o seguaci rispettino, accettino e amino il loro prossimo, anche chi non appartiene alla loro religione o cultura. La responsabilità e l’influenza dei capi religiosi e dei politici è molto importante: se si impegnano veramente per la libertà, l’eguaglianza e la fratellanza, allora ci sarà una pace durevole tra i popoli.

* parroco della comunità siro-ortodossa del Ticino

Carente il rapporto tra religione e violenza

di Elisabetta Tisi*

Apprezzo che il Papa abbia firmato l’enciclica Fratelli tutti fuori dalle mura vaticane e che l’obiettivo sia il mondo, non la Chiesa. In questo testo, Francesco esamina criticamente i fenomeni politici ed economici attuali per un nuovo sistema sociale. Il brano del buon samaritano proposto non è solo una visione teologica, ma un programma sociale per ripensare il concetto di cittadinanza. L’aver usato «libertà, uguaglianza, fraternità» farà sobbalzare i tradizionalisti, ma apre finalmente a ciò che è stato a lungo combattuto dalla e nella Chiesa. Sono stata felice anche di leggere le parole sull’ergastolo e la definitiva condanna della pena di morte. Riproporre la funzione sociale della proprietà riprende finalmente il concetto biblico di «zedaqah" un «dare a chi ha bisogno» radicato nella giustizia sociale.

Segnalo però alcune questioni critiche: al di là delle polemiche per il titolo, nessuna donna è citata, neppure nelle note. Solo due volte, su 37.324 parole, viene usato il termine sorelle, mentre fratello/fratelli è ripetuto 54 volte. Nel 2020 non è più accettabile un maschile che sottintende e ingloba sempre il femminile. Le parole contano.

La visione iniziale è pessimista, mentre si poteva valorizzare il notevole impegno delle giovani generazioni a livello mondiale, da «Occupied Wall Street» (il cui slogan era «persone, non profitti»), i movimenti di Hong Kong e della primavera araba fino al «Global Strike for Future».

Il paragone con l’ebraismo poi non risulta corretto. Viene attribuito ad esso il precetto dell’amore per il prossimo al negativo e in positivo al cristianesimo. Ma ciò non è vero: il prossimo era anche e soprattutto lo straniero già nei commenti rabbinici. Ciò sembra un passo indietro rispetto a Nostra Aetate.

Inoltre. la riflessione sul rapporto tra religione e violenza a mio avviso è carente. È un’enciclica che parte da un dialogo interreligioso, ma non fa autocritica su questo punto, non chiede di fare i conti con gli elementi di ogni tradizione religiosa che hanno giustificato la violenza.
Come del resto Francesco prevede un nuovo sistema sociale, ma ciò non riguarda l’attuale sistema ecclesiale. Quando parla di universale e locale, ponendosi contro l’universale, unica forma culturale imperante, affermando la necessità di partire dalla situazione locale, dal basso, non ho capito come non sentisse il bisogno di doverlo coniugare prima di tutto nella propria istituzione ecclesiale.

* prete della Chiesa cattolica cristiana in Ticino

*N.d.R: la visione di Chiesa secondo i cattolici non implica un concetto «democratico» ma è invece la categoria della «sinodalità» ad esprimere l’idea di partecipazione. Riguardo a questo aspetto di Chiesa sinodale, il cammino pratico di approfondimento nel pontificato di Francesco è pienamente in corso.

Chiesa cattolica svizzera

https://www.catt.ch/newsi/commenti-ecumenici-allenciclica-fratelli-tutti/