Voci ecumeniche sulla nuova enciclica di Bergoglio

Continua a suscitare grande interesse anche al difuori del mondo cattolico l’ultima enciclica di papa Francesco «Fratelli tutti», firmata dal pontefice, lo ricordiamo, lo scorso 3 ottobre ad Assisi e pubblicata l’indomani. Sul documento, abbiamo sentito il parere di alcuni esponenti di Chiese non cattoliche.

Per il segretario generale ad interim del Consiglio ecumenico delle Chiese (CEC) a Ginevra, l’ortodosso padre Ioan Sauca, «l’enciclica mostra importanti convergenze con le diverse aree di lavoro del nostro organismo e una grande concordanza con la sua visione. Ad essa si può ricollegare anche il tema dell’11ma assemblea del CEC, che si terrà nel 2022 a Karlsruhe, in Germania: «L’amore di Cristo muove il mondo verso la riconciliazione e l’unità». È un appello radicale a tutti i cristiani a cercare modi per lavorare per la pace e la riconciliazione con persone di altre fedi e con tutte quelle di buona volontà».

«Il legame con la modernità e, quindi, con l’affermazione dei diritti civili (tra i quali anche quelli delle donne) – ci dice Angelo Cassano, pastore della Chiesa evangelica riformata di Locarno e dintorni– ha caratterizzato la storia del protestantesimo. Con questa enciclica mi sembra che anche nel cattolicesimo espresso da papa Francesco, seguendo le orme tracciate da Carlo Maria Martini e che definirei «illuminato», ci sia un’esplicita rivalutazione dei valori fondanti della democrazia – quali libertà, uguaglianza e fraternità – che, pur avendo radici cristiane, sono anche il perno su cui si regge la modernità. Io stesso come protestante ho più volte espresso questa linea di pensiero, evidenziando l’importanza dei valori citati e della modernità e al tempo stesso sottolineando il pericolo di cadere nell’individualismo radicale».

Riconoscersi tutti fratelli

Per la pastora battista Lidia Maggi, «è difficile rendere ragione della complessità di un documento ecclesiale che muove il suo sguardo su scenari mondiali, proponendo analisi complesse sull’assetto economico, politico e culturale. Nella pluralità di sguardi su cui si articola la riflessione si coglie, tuttavia, dove batte il cuore della lettera: Francesco sente l’urgenza di richiamare singoli individui, politici ed economisti a riconoscere in ogni persona un fratello e una sorella. La preoccupazione per il disgregarsi delle relazioni sociali e il risorgere di ideologie identitarie inquieta Papa Bergoglio».

Elisabetta Tisi, prete della Chiesa cattolica cristiana in Ticino, apprezza il fatto che Francesco abbia firmato questa enciclica fuori dalle mura vaticane e che l’obiettivo sia il mondo, non la Chiesa. Tuttavia, si dispiace perché «al di là delle polemiche per il titolo, nessuna donna è citata, neppure nelle note. Solo due volte, su 37’324 parole, viene usato il termine sorelle mentre fratello/fratelli è ripetuto 54 volte. Nel 2020 non è più accettabile un maschile che sottintende e ingloba sempre il femminile».

Secondo padre Abramo Unal, parroco della comunità siro-ortodossa del Ticino, «il Santo Padre dà molta importanza, nell’enciclica, all’incontro con il grande imam Ahmad Al-Tayyeb del febbraio 2019 ad Abu Dhabi e spera con questo documento di aver trovato la via della riconciliazione tra islam e cristianesimo. Effettivamente, sarebbe affascinante riappacificare le due religioni. Invece vediamo che ci sono ancora conflitti, guerre e uccisioni in nome della religione. Penso che ci vorrà ancora molto tempo per arrivare all’ auspicio di papa Francesco che tutti siano fratelli. Sappiamo bene che da diversi anni esiste questo dialogo di pace e di fratellanza umana, ma per il momento non se ne vedono ancora i frutti».

Nei prossimi giorni nel dossier Fratelli tutti troverete i commenti integrali di questi esponenti delle Chiese cristiane.

Gino Driussi

Chiesa cattolica svizzera

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