Il dialogo e l'amicizia obiettivo concreto di Fratelli tutti

Di fratellanza ne abbiamo tutti bisogno e di fratellanza si è parlato nell’incontro in piazza del Campidoglio a Roma del 20 ottobre, con la partecipazione di papa Francesco e di esponenti di tutte le religioni. Un’occasione privilegiata per tornare all’Enciclica «Fratelli tutti» di Bergoglio. Come è stata accolta dalle altre religioni? Le religioni sono fatte da uomini, con le loro singole chiavi di lettura, dal locale al globale. L’imam di Giubiasco , ad esempio, ha espresso la sua voce positiva di commento al testo che si unisce alle tante altre voci autorevoli di suoi correligionari. Anche dal mondo ebraico ci sono state voci positive.  Il 20 ottobre, nel suo intervento al Campidoglio,  il rabbino capo di Francia, Haïm Korsia, ha preso la parola sottolineando che l’enciclica Fratelli tutti di Bergoglio,  ha evidenziato il richiamo a «tre principi che mi sono cari, Libertà, Uguaglianza e Fraternità, come un omaggio alla vocazione della Francia di sentirsi responsabile di tutte le miserie e di tutte le speranze del mondo. E’ ancora una volta il principio di responsabilità verso l’altro che si esercita». «Lei», ha detto il rabbino, rivolgendosi al Papa «ci invita a spingerci più lontano. So che lei ci potrà aiutare nel dialogo con l’islam in occidente, continuando a fare quel che anche noi cerchiamo di fare in Francia». Il rabbino ha letto questa urgenza di fraternità ricordando la recente morte cruenta per omicidio del professore francese ucciso da fondamentalisti islamici. «Una morte – ha constatato il rabbino Korsia – che ci costringe a portare avanti la sua lotta nella fraternità senza cedere e senza paure». La violenza che è stata condannata nell’ambito dello stesso incontro dal messaggio del grande Imam di Al Azhar Ahmad Al-Tayyeb.

 Come sappiamo l’enciclica papale Fratelli tutti, rivolge grande attenzione al dialogo interreligioso, con riferimenti e citazioni dalla Bibbia e figure importanti che hanno svolto un ruolo significativo durante lo svolgersi della storia del cristianesimo ricordano alla generazione attuale di non ignorare insegnamenti significativi del passato. Attraverso la menzione del Mahatma Gandhi, del rabbino Hillel, del grande imam Ahmad Al-Tayyeb, di Martin Luther King, dell’arcivescovo Desmond Tutu, viene offerta una prospettiva interreligiosa che sottolinea la portata universale del messaggio del Papa. Anche a livello locale, Elio Bollag della comunità ebraica in Ticino, ha espresso un suo punto di vista sul testo papale.  Bollag vuole distinguere tra una fratellanza dei cuori, un’amicizia praticabile e le difficoltà del dialogo teologico (che Bollag considera pure espressione della fratellanza. Certo un discorso tra fratelli non implica uniformità di vedute ma identità definite. Il Papa stesso, infatti, sottolinea questo precisa necessità di rispetto delle identità e delle rispettive teologie di ogni religione). La fratellanza è un percorso compiuto da identità precise e diverse che cercano l’amicizia e il lavoro comune per la pace. Restano fatiche del passato, che gravano ancora oggi nella lettura della realtà, che Bollag, dal suo punto di vista, espone. Tra queste il nome di «Terra Santa» che -lo ricordiamo- da parte della Chiesa cattolica indica una regione comprendente Israele, la Palestina e alcuni territori della Giordani, vicino al fiume Giordano. I territori della predicazione di Gesù.

(red) 

Qui il testo di Elio Bollag della comunità israelita di Lugano a commento dell’Enciclica «Fratelli tutti» di papa Francesco.

FRATELLANZA ?

Non vorrei sembrare intollerante o radicale, ma come ebreo, il termine «fratellanza» tra religioni mi sembra utopico. Ci sono principi alla base dei dogmi che sono invalicabili, in special modo tra il cristianesimo, l’islam e l’ebraismo. Il che permette amicizia, vicinanza, dialogo, ma non fratellanza. Considero la religione ebraica, in special modo per i correligionari disseminati nella diaspora, una dell’ più severe dal punto di vista dell’osservanza dei precetti : basta considerare le molteplici leggi della dietetica, la stretta osservanza del sabato quale giorno di riposo totale e obbligato, il seguire l’anno lunare al posto dell’istituzione di quello solare, l’osservanza di preghiere differenti da quelle della maggioranza di credo che ci circonda e perfino le differenti interpretazioni di dogmi quale i dieci comandamenti.

Nei testi ebraici lo «straniero» è sempre stato considerato equiparato all’ebreo: «ricordati che sei stato straniero in terra straniera», perciò è prevista da sempre una convivenza e un’accettazione della diversità dell’ «altro». Vorrei ricordare che l’ebraismo non ha mai esercitato il proselitismo, anzi, la missione, come esercitata dalle altre religioni, è severamente proibita. La conversione all’ebraismo è permessa, ma soltanto se il candidato si professa profondamente convinto e dar prova di voler far parte del consesso giudaico. Se si vuole entrare nel dettaglio, la Chiesa ha operato troppi cambiamenti sulla figura di Gesù per poter ritrovare le sue origini ebraiche che potrebbero farci ritrovare punti in comune tra le nostre religioni. L’ebreo, nella sua minoranza ha sempre voluto convivere con le differenti religioni che lo circondavano, senza esserne spiritualmente e fisicamente influenzato. Questo gli ha procurato storicamente vari problemi che oggi non si possono ignorare. Già nel secolo scorso, vari papi hanno compiuto grandi passi per riconquistare una certa fiducia verso la Chiesa, ma oltre l’esser stati chiamati «fratelli maggiori» e varie visite in sinagoga da parte di un clero accondiscendente non è stato fatto molto. Il Vaticano ha ancora difficoltà a cambiare il nome della Terrasanta in Israele, come d’altronde si chiamava prima dell’anno 70 d.C. e gran parte del clero non riesce ancora a dimenticare il deprecato aggettivo «perfidi» ancora stampato in vecchi catechismi accanto al nome degli ebrei. Molto è stato fatto per ricordare che il cristianesimo proviene e si è ispirato del vecchio tronco giudaico e per avvicinare le nuove generazioni alla storicità della legge della Tora, fosse anche solo per capire quanto le religioni monoteiste sono vicine. Papa Francesco ha dimostrato già quando era cardinale in Argentina la sua amicizia con la comunità israelita di Buenos Aires e dimostra vicinanza agli ebrei, ma i dogmi che separano le religioni sono troppo incarnati per volere la fratellanza tra le grandi religioni cercando e trovando punti in comune. Il dialogo è quello che edifica una buona convivenza tra i popoli. Potrei citare Rabbi Akiba che fu avvicinato 2000 anni fa’ da un legionario romano che gli chiese di spiegargli la legge ebraica nel tempo che riusciva a stare su una gamba sola. «Non fare ad altri quello che non vuoi che venga fatto a te: ma ora va e studia.» fu la risposta del Rabbi. Il dialogo è la soluzione: si può perfino diventare amici.    

Elio Bollag, della comunità israelita di Lugano

Chiesa cattolica svizzera

https://www.catt.ch/newsi/il-dialogo-e-lamicizia-obiettivo-concreto-di-fratelli-tutti/