La parabola del Samaritano al centro dell'enciclica di Bergoglio

Fratelli tutti. La lettera enciclica di papa Francesco si inserisce in una grande tradizione che parte dalle parole di Gesù, dai vangeli, da San Francesco, fino a Carlo de Foucauld, «il piccolo fratello universale» e a Carlo M. Martini («farsi prossimo»). Cambiano i contesti sociali e culturali, ma per la Chiesa e i per credenti la chiave d’interpretazione è sempre quella: l’amore di un Dio che è Padre di tutti (sì, anche se qualche critico del Papa vorrebbe restringere l’uso del termine fratelli ai soli cristiani!) e che ama tutti come figli, e chiede a tutti di riconoscersi fratelli, proprio perché tutti, anche quelli che non lo conoscono sono da Lui, che ama ogni creatura, amati. Francesco adopera un metodo di discernimento chiaro: descrive la situazione del mondo oggi (capitolo 1: le ombre di un mondo chiuso), per leggerla alla luce del Vangelo (capitolo 2: un estraneo sulla strada), e giungere a delle proposte perché nella fraternità si cammini verso la costruzione di un mondo migliore, rinnovato. La parola di Gesù che deve illuminare il processo di discernimento, è la parabola del Samaritano. La presentazione della situazione e la descrizione dei personaggi è molto efficace. «Il racconto, (…) ci rivela una caratteristica essenziale dell’essere umano (…): siamo stati fatti per la pienezza che si raggiunge solo nell’amore. Vivere indifferenti davanti al dolore non è una scelta possibile; non possiamo lasciare che qualcuno rimanga «ai margini della vita». Questo ci deve indignare, fino a farci scendere dalla nostra serenità per sconvolgerci con la sofferenza umana» (68). La lettura del commento di Francesco è fondamentale, e il capitolo secondo va letto e meditato con grande attenzione, proprio per non ridurre l’enciclica a un discorso sociale o politico. La parabola del Vangelo è la chiave necessaria per capire il discorso di Francesco, che la presenta come «una storia che si ripete». La descrizione dei personaggi è vivace e deve colpire il lettore. «In quelli che passano a distanza c’è un particolare che non possiamo ignorare: erano persone religiose. Di più, si dedicavano a dare culto a Dio…Questo è degno di speciale nota: indica che il fatto di credere in Dio e di adorarlo non garantisce di vivere come a Dio piace» (74). Francesco ricorda una frase di San Giovanni Crisostomo: «Volete onorare veramente il corpo di Cristo? Non disprezzatelo quando è nudo. Non onoratelo nel tempio con paramenti di seta, mentre fuori lo lasciate a patire il freddo e la nudità». Aggiunge Francesco: «Il paradosso è che, coloro che dicono di non credere possono vivere la volontà di Dio meglio dei credenti». Nel racconto di Gesù, il paradosso è presentato dalla figura del samaritano: uno straniero, partecipe di una tradizione religiosa non riconosciuta, anzi in parte disprezzata, da Israele. Così, nella lettera di papa Francesco, lo straniero diventa la figura centrale: il modello da imitare e il fratello da accogliere sempre. A pagina 3 di «Catholica» altri commenti sull’Enciclica.

Azzolino Chiappini, pro-rettore emerito della Facoltà di Teologia di Lugano

Chiesa cattolica svizzera

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