Il covid, i progetti saltati, il valore del «tempo sospeso»

Pubblichiamo la profonda testimonianza di un giovane sulle esperienze vissute questa estate con la Pastorale Giovanile e sugli insegnamenti che possiamo trarre dal tempo che stiamo vivendo.

Comincio questo mio articolo ricordando una situazione abbastanza ovvia di questi tempi: stiamo attraversando un periodo particolare, un periodo di crisi per l’umanità intera. Come dice Papa Francesco, da una crisi non si può mai uscire uguali a prima. Si può uscire solamente o migliori o peggiori. Tutto dipende da come decidiamo di affrontare, soprattutto interiormente ma non solo, questa situazione delicata. Con la Pastorale Giovanile della Diocesi di Lugano, quest’anno abbiamo dovuto cambiare un po’ i programmi previsti e lasciarci quindi sorprendere da quanto potevamo trovare già presente attorno a noi. E questo è già un grande insegnamento. Infatti, nella nostra vita abbiamo sempre dei desideri, delle aspettative su qualcosa o su qualcuno e spesso facciamo dei programmi tutti nostri per rispondere o cercare di realizzare questi impulsi del cuore. La realtà però risulta essere differente. Ma non dimentichiamoci che è la realtà ciò che effettivamente possiamo vivere. Quindi ciò che possiamo imparare, come prima cosa, è proprio quella di non abbandonare i nostri sogni ma avere l’apertura di cuore per permettere a Dio di distruggere determinate aspettative e realizzare davvero quei sogni, magari non come ci immaginavamo ma come sarà meglio per noi. Un sacerdote diceva spesso che per poter realizzare i sogni dobbiamo cominciare a svegliarci dal sonno e affrontare la realtà. Solo lì possiamo vedere la realizzazione dei nostri desideri. Ma tutto dipende da come affrontiamo la delusione, la crisi, la distruzione delle nostre aspettative. Possiamo chiuderci in noi stessi e deprimerci, maledicendo la vita sentenziandola sintomaticamente con un «mai una gioia», oppure possiamo cogliere l’occasione per ascoltare cosa Dio davvero sta dicendo a noi attraverso le circostanze della nostra esistenza, e rispondere sempre con il fiat di Maria anche senza riuscire a comprendere pienamente dove il Signore ci sta accompagnando.

Aprire gli occhi alla bellezza che è già intorno a noi

Un altro grande insegnamento che possiamo cogliere da questa crisi che stiamo affrontando è quello di imparare a saper riconoscere la bellezza che ci abita e che sta attorno a noi e non per forza chissà dove. Posso fare un esempio concreto. Oltre alle varie uscite che abbiamo vissuto nel nostro cantone, abbiamo potuto vivere un pellegrinaggio in bicicletta attorno al lago di Zurigo, passando insieme cinque giorni all’insegna dello sport, della fede, della cultura e della fratellanza. Perché porto questo esempio? Perché, senza prendere un aereo per andare lontano mille miglia dalla mia casa, ho potuto scoprire una realtà, quella appunto del lago di Zurigo, che conoscevo poco, soprattutto nella zona sud, davvero meravigliosa e sorprendente. Tante volte siamo portati a voler cercare la nostra pienezza, in altre parole cercare il Signore Gesù, andando di qua e di là, dimenticandoci però che Lui è già accanto a noi. È molto più vicino di quanto possiamo immaginare. È talmente tanto vicino e intimo a noi stessi, molto più di quanto lo siamo noi, da non riuscire a vederlo. Quindi, un secondo insegnamento importante di questa crisi è appunto quello di aprire gli occhi alla bellezza che sta già, qui e ora, attorno a noi. Purtroppo, quando siamo talmente abituati a qualcosa o a qualcuno, non riusciamo più a scorgerne la meraviglia. Ci dimentichiamo che ciò che già abbiamo è un dono. Quando riscopriamo il dono che abbiamo, allora torneremo a coglierne il valore. E ne saremo grati! Tante volte però, per ricordarci che ciò che abbiamo è un dono, lo dobbiamo perdere. Quante volte ci accorgiamo dell’importanza di una persona che viveva con noi solamente quando non c’è più! Potremmo allora parlare del valore della castità, cioè di un rapporto con le persone e con le cose che possa garantire la giusta distanza per conservare la singolarità di ogni individuo, senza possedere. Così ne vedremo sempre e costantemente la bellezza. Non abituiamoci troppo alle cose. L’abitudine acceca.

Solo nella verità possiamo trovare il Signore

Un terzo ed ultimo insegnamento che vorrei ricordare e che abbiamo potuto imparare da questa crisi è il valore del silenzio, del fermarsi un attimo. Nelle nostre vite frenetiche, dove l’essere umano è semplicemente diventato una macchina produttiva che vale appunto per quanto fa e non più per quanto è, siamo continuamente in corsa per fare miliardi di cose, per riempire illusoriamente la nostra agenda, per sentirci «utili». Salvo restando però che a fine giornata spesso ci sentiamo comunque vuoti, tristi. Ci manca sempre qualcosa. Vogliamo sempre di più. Non ci basta niente. Infatti, siamo creati per l’infinito e il «nostro cuore non trova pace finché non riposa in Te» (Sant’Agostino), Signore. Il lockdown ci ha costretto a fermarci, a stare in silenzio. Il silenzio ci fa molta paura, perché ci mette davanti a noi stessi, alla verità più profonda di chi siamo, quindi anche dei nostri difetti e delle nostre croci da cui vogliamo fuggire. E di conseguenza la nostra routine quotidiana diventa un correre continuo per fuggire da noi stessi. Ma è solo nella verità di chi siamo che possiamo incontrare e conoscere il Signore. Perché Lui è la Verità. È solo nella nostra croce pesante che possiamo incontrare la salvezza che Cristo ha portato, proprio attraverso questo sacro legno che grazie a Lui si è trasformato da strumento di morte a vessillo di vita.

Per concludere, direi che per uscire migliori dalla crisi che stiamo affrontando possiamo cominciare ad ascoltare e scoprire che Dio è sempre e continuamente accanto a noi, come un Padre che ci ama per quello che siamo e non per quello che facciamo. Mentre per uscire peggiori, possiamo solamente o incolpare Dio per questa tragedia o negando definitivamente la Sua esistenza solo perché non riusciamo a spiegare il motivo dell’esistenza del male e della sofferenza. Beh, a noi la scelta.

Dennis Pellegrini

Chiesa cattolica svizzera

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