Assemblea Onu, Impagliazzo: il Papa ha molto da dire al mondo

Fabio Colagrande – Città del Vaticano

Il videomessaggio di Papa Francesco alla 75.ma assemblea generale delle Nazioni Unite, apertasi il 21 settembre, è atteso per venerdì prossimo, 25 settembre, nel quinto anniversario della sua visita al Palazzo di Vetro a New York. Allora in quell’occasione Francesco, come i suoi predecessori Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, rivolse un discorso ai membri all’Assembla generale. Il Papa affermò, tra l’altro, che «la casa comune di tutti gli uomini deve continuare a sorgere su una retta comprensione della fraternità universale e sul rispetto della sacralità di ciascuna vita umana». Quest’anno, nel contesto della crisi internazionale creata dalla pandemia di Covid-19, le parole del Papa sono particolarmente attese, come spiega Marco Impagliazzo, docente di storia contemporanea all’Università degli studi Roma Tre e presidente della Comunità di Sant’Egidio:

L’intervista a Marco Impagliazzo
R.– Io credo che per la Santa Sede l’Onu resti, come ebbe a dire Papa Francesco cinque anni fa, la risposta imprescindibile alle grandi crisi del mondo contemporaneo. In questa 75.ma Assemblea generale dell’Onu, il segretario generale Guterres ha lanciato un appello a salvare il multilateralismo affermando che «oggi abbiamo un surplus di sfide multilaterali e un deficit di soluzioni multilaterali». Io credo che Papa Francesco sosterrà questa preoccupazione, rilancerà l’idea che per risolvere le grandi questioni mondiali, a partire da quella della pandemia, servono soluzioni multilaterali e per fare questo serve anche una riforma delle Nazioni Unite. Francesco ne ha già parlato in altre occasioni: è necessaria una riforma per rendere più efficace il lavoro delle Nazioni Unite, superare gli sprechi, l’inefficacia sui temi ambientali, ma anche sui temi della guerra. C’è una guerra in Siria che va avanti da più di nove anni e ci mostra un’impotenza spesso colpevole della comunità internazionale, che è passata da un incontro all’altro restando ostaggio di diverse agende spesso in conflitto tra loro. In questo senso è auspicabile una riforma delle Nazioni Unite che dia voce veramente anche ai Paesi più piccoli, ai Paesi più poveri, quelli che soffrono dell’esclusione sociale ed economica. Io credo che dal Papa dobbiamo aspettarci quindi un appello in questa direzione, insieme a un appello alla fraternità universale, che sembra essere anche il tema della sua prossima enciclica, per la ricerca della pace e la tutela di quello che lui stesso cinque anni fa ha definito il diritto dell’ambiente.

Nel 2015 il Papa parlava all’Onu poco dopo la pubblicazione della Laudato si’. Oggi si rivolge all’assemblea generale delle Nazioni Unite pochi giorni prima di pubblicare una nuova enciclica: Fratelli tutti. Solo una coincidenza?

R.– No, vuol dire che il Papa e la Santa Sede hanno molto da dire a questo mondo e hanno delle importanti soluzioni da indicare. Sono quelle che abbiamo trovato nell’enciclica di cinque anni fa sull’ecologia integrale e immagino troveremo nella nuova enciclica sociale sulla fraternità. Risposte e soluzioni che seguono però una linea precisa che il Papa ci ha già dato in piazza San Pietro, il 27 marzo di quest’anno: «siamo tutti sulla stessa barca» e non possiamo pretendere di vivere da sani in un mondo malato, quindi dobbiamo guarire il mondo. Qui c’è tutto il tema ambientale, ma anche quello dell’esclusione sociale e economica di milioni e milioni di persone e dall’altra appunto il tema del multilateralismo. Siamo tutti sulla stessa barca e dobbiamo remare insieme. E’ questo in fondo il tema del multilateralismo: remare insieme.

Tutto ciò sembra in contrasto con un contesto geopolitico mondiale in cui si moltiplicano le spinte individualistiche e cioè i nazionalismi. Si crede sempre di meno nell’efficacia dell’Europa unita o dell’Onu…

R.– Sì, è vero. Ma teniamo conto che questa è un’Assemblea generale inedita che si sta tenendo, soprattutto per alcuni Paesi, in piena pandemia. Quindi io spero e credo che i capi di Stato e tutti coloro che interverranno a questa assemblea si rendano conto che ormai siamo nel pieno di una crisi mondiale che non riguarda il singolo Paese ma riguarda tutti. In questo senso ha ragione Guterres: c’è un deficit di soluzioni multilaterali. Ma le sfide sono ormai tutte multilaterali e quindi in questo senso spero che ci sia una nuova presa di coscienza e le parole del Papa possano essere di grande stimolo in questa direzione.

Nel dicembre scorso, parlando alla Curia romana, Papa Francesco ha ricordato che «non siamo più nella cristianità». In questo nuovo contesto, sempre più secolarizzato, che significato assume il messaggio del Pontefice alle Nazioni Unite?

R.– Significa moltissimo, perché dobbiamo ammettere che il Papa è oggi una figura internazionale, sostanzialmente l’unica figura, a cui tanti popoli, soprattutto i più poveri quelli che soffrono di più, possono guardare per trovare un riferimento. Io credo che oggi, nella crisi di leadership internazionale, nell’assenza di grandi figure mondiali di riferimento, di cui non godiamo assolutamente, Francesco emerga sempre di più come colui che fa gli interessi dei popoli, delle persone, che siano o non siano cristiane. Quindi dobbiamo superare anche l’idea che il Pontefice si rivolga solo ai cristiani. Certo, sono i primi a cui si rivolge, ma il suo messaggio è realmente universale e questa è la forza della Chiesa cattolica e della Santa Sede rispetto a tante altre realtà internazionali. Il messaggio della Chiesa è universale, internazionale, e in questo senso può essere realmente compreso da tutti quelli che noi definiamo gli uomini e le donne di buona volontà.

Chiesa cattolica svizzera

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