Fra Martino sulla nuova lettera pastorale di mons. Lazzeri

I mesi appena passati, segnati drammaticamente dagli effetti problematici della pandemia, hanno fatto emergere con nuova evidenza una profonda contraddizione. La nostra collettività, caratterizzata da velocità e fluidità, ha subito un brusco rallentamento. Il blocco delle attività sociali ed economiche, decretato dalle autorità per contenere la diffusione del nuovo coronavirus, ha costretto tutti quanti a riorganizzare la quotidianità. Come ricorda mons. Valerio Lazzeri nella sua lettera pastorale «Ripartire dal cuore», stiamo ancora attraversando un periodo contraddistinto dalla «sospensione». La necessità di salvaguardare la salute pubblica ha comportato pure – inutile negarlo – una brutta frenata nel modo di gestire i rapporti interpersonali.

Coltivare le relazioni contro solitudine e isolamento

Per molte persone questo ha significato masticare il boccone amaro della solitudine e dell’isolamento. È come se fossero state costrette a rinchiudersi sotto una campana ermetica, nella quale rinunciare giocoforza a un elemento portante della realtà umana: le relazioni sociali, a partire da quelle familiari, per coinvolgere il mondo lavorativo e tutte le situazioni di condivisione ed aggregazione. È stata una prova assai dura, che ha lasciato nei più tracce profonde. E si tratta ora di cercare di sanare tali ferite nella carne individuale e collettiva.

Uscire dall’individualismo

A mio giudizio, la crisi sanitaria prodotta dalla Covid-19 ci ha fatto correre un altro rischio serio: perdere il senso dell’orientamento, sul piano emotivo, psicologico e pure spirituale. Ad un certo punto, complici le notizie sempre più preoccupanti su contagi, ricoveri e decessi, provenienti dal mondo intero, siamo stati quasi spinti a non vedere vie d’uscita o anche solo una fine alla tragedia. Abbiamo rischiato non solo di perdere fiato, ma di abbandonare persino la speranza! D’altronde, sappiamo che non è solo nei momenti più difficili che emerge la tentazione della disperazione. Perciò sono stati fondamentali gli appelli a non abbassare la guardia, non soltanto a proposito delle misure accresciute d’igiene, bensì pure di fronte al pericolo di ripiegarsi su sé stessi e d’incunearsi nei vicoli ciechi dell’individualismo e anche dell’egoismo.

L’appello alla conversione

Appaiono pertanto più che pertinenti l’invito del vescovo, da un lato, a mettersi di nuovo all’ascolto della Parola di Dio quale «fonte costante di illuminazione e di orientamento nel nostro camminare insieme come popolo di Dio verso la pienezza del Regno», e, dall’altro il suo richiamo alla «conversione personale» ed ecclesiale. Mons. Lazzeri insiste, di conseguenza, sulla necessità di cogliere l’occasione di «questo lungo attraversamento del deserto» per avviare tutti assieme «una più approfondita riflessione sul nostro essere Chiesa», uno spazio privilegiato (ma non esclusivo!) dove coltivare «la corresponsabilità di ogni credente nei confronti del Vangelo».

«Uno stile evangelico»

Mons. Lazzeri intravvede tale opportunità di ripartenza comune nel dare consistenza al suo «sogno» , che «disseminati sul territorio possano nascere piccoli e umili laboratori di speranza». Il vescovo, senza essere in grado di delinearli nel concreto (è il compito che, a ragione, affida a tutti noi), intravede in simili spazi quei luoghi in cui testimoniare, mettendo mano alla pasta della nostra collettività religiosa e civile, «uno stile evangelico di vita umana».

Impegnarsi concretamente per gli altri

Nella mia prospettiva personale, questi sono gli spazi di condivisione e di sostegno reciproco, di ascolto e accoglienza vicendevoli, nonché di preghiera individuale, familiare e comunitaria, di lettura personale e condivisa della Bibbia, di ricerca spirituale e di scuola esistenziale in cui gli ultimi, gli emarginati o gli scartati trovino finalmente il loro posto. Perché che scopo hanno tante celebrazioni liturgiche, se non conducono a un impegno pratico, soprattutto a favore di chi si sente – a ragione o a torto – abbandonato da Dio e rifiutato dagli altri?

Fra Martino Dotta

Leggi anche, sulla Lettera, i commenti di: don Sergio Carettoni; le riflessioni di una catechista; don Carmelo Andreatta; il commento di don Marco Dania; il commento di mons. Nicola Zanini.

Chiesa cattolica svizzera

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