Il Papa: «I nostri stili di vita spingono il pianeta al limite: siamo ad un bivio»

Abbiamo costantemente bisogno di ricordare che tutto è in relazione, e che la cura autentica della nostra stessa vita e delle nostre relazioni con la natura è inseparabile dalla fraternità, dalla giustizia e dalla fedeltà nei confronti degli altri». Lo ribadisce Papa Francesco nel Messaggio in occasione della Giornata Mondiale di Preghiera per la cura del creato del 1. settembre 2020.

Dobbiamo – sprona il Papa – «pensare nuovamente agli altri, specialmente ai poveri e ai più vulnerabili. Siamo chiamati ad accogliere nuovamente il progetto originario e amorevole di Dio sul creato come un’eredità comune, un banchetto da condividere con tutti i fratelli e le sorelle in spirito di convivialità; non in una competizione scomposta, ma in una comunione gioiosa, dove ci si sostiene e ci si tutela a vicenda. Oggi la voce del creato ci esorta, allarmata, a ritornare al giusto posto nell’ordine naturale, a ricordare che siamo parte, non padroni, della rete interconnessa della vita. La disintegrazione della biodiversità, il vertiginoso aumento dei disastri climatici, il diseguale impatto della pandemia in atto sui più poveri e fragili sono campanelli d’allarme di fronte all’avidità sfrenata dei consumi».

Francesco osserva, inoltre, che «i nostri stili di vita spingono il pianeta oltre i suoi limitiL’attuale pandemia ci ha portati in qualche modo a riscoprire stili di vita più semplici e sostenibili. La crisi, in un certo senso, ci ha dato la possibilità di sviluppare nuovi modi di vivere. È stato possibile constatare come la Terra riesca a recuperare se le permettiamo di riposare. La pandemia ci ha condotti a un bivio. Dobbiamo sfruttare questo momento decisivo per porre termine ad attività e finalità superflue e distruttive, e coltivare valori, legami e progetti generativi».

Il Papa non manca di denunciare lo «sfruttamento del Sud del pianeta, che ha provocato un enorme debito ecologico, dovuto principalmente al depredamento delle risorse e all’uso eccessivo dello spazio ambientale comune per lo smaltimento dei rifiuti. È il tempo di una giustizia riparativa. A tale proposito, rinnovo il mio appello a cancellare il debito dei Paesi più fragili alla luce dei gravi impatti delle crisi sanitarie, sociali ed economiche che devono affrontare a seguito del Covid-19. Occorre pure assicurare che gli incentivi per la ripresa, in corso di elaborazione e di attuazione a livello mondiale, regionale e nazionale, siano effettivamente efficaci».

«Occorre – è l’accorato appello del Pontefice – fare tutto il possibile per limitare la crescita della temperatura media globale sotto la soglia di 1,5 gradi: andare oltre si rivelerà catastrofico, soprattutto per le comunità più povere in tutto il mondo. In questo momento critico è necessario promuovere una solidarietà intra-generazionale e inter-generazionale».

Francesco torna anche a chiedere di «proteggere le comunità indigene da compagnie, in particolare multinazionali, che, attraverso la deleteria estrazione di combustibili fossili, minerali, legname e prodotti agroindustriali, fanno nei Paesi meno sviluppati ciò che non possono fare nei Paesi che apportano loro capitale. Questa cattiva condotta aziendale rappresenta un nuovo tipo di colonialismo«.

Dobbiamo «giungere – conclude Papa Francesco – a praticare un’ecologia integrale nelle famiglie, nelle parrocchie, nelle diocesi, negli Ordini religiosi, nelle scuole, nelle università, nell’assistenza sanitaria, nelle imprese, nelle aziende agricole e in molti altri ambiti. Continuiamo a crescere nella consapevolezza che tutti noi abitiamo una casa comune in quanto membri della stessa famiglia».

acistampa/red

Chiesa cattolica svizzera

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