Taverne-Torricella: la comunità rivisita i giorni della scomparsa di don Bentivoglio

La parrocchia di Taverne-Torricella aspetta l’entrata, domani, del suo nuovo amministratore parrocchiale: don Michele Fornara. Se tanta è l’attesa, il pensiero di molti torna doverosamente a quanto è accaduto nei mesi precedenti: don Giuseppe Bentivoglio, classe 1944, parroco di Taverne- Torricella per ben 32 anni, è salito alla casa del Padre, mercoledì 8 aprile, dopo grave malattia, purtroppo in piena emergenza sanitaria da Covid-19.

Nonostante ci sia stata successivamente una messa di suffragio celebrata dal vescovo di Lugano, per molti parrocchiani l’impossibilità di visitare don Giuseppe in ospedale e di partecipare fisicamente ai funerali ha arrecato dolore e la necessità di rielaborare, in qualche modo, quanto accaduto. Nel frattempo è stato reso noto il «testamento spirituale» del parroco scomparso. Questo testo e l’esperienza di un distacco avvenuto nel contesto della pandemia, hanno lasciato il segno tra la gente. Tre decenni in una parrocchia sono vite che nascono e muoiono, incontri, battesimi, matrimoni e funerali. Un mondo segnato dalla figura di un prete.

«Dal momento del ricovero non ho più potuto vedere don Giuseppe. Sono stati giorni di vera apprensione – ci confida Stefano Braido, presidente del Consiglio parrocchiale. Ero consapevole che stavamo affrontando l’ultimo tratto della sua vita terrena, per questo mi sono affidato alla preghiera». «Da tempo avevamo capito che don Bentivoglio non stava bene – prosegue Tiziana Travaglini, segretaria del consiglio parrocchiale – ma mai avremmo pensato ad una morte così rapida. È stato uno shock e un grande dolore. Però, malgrado il periodo particolare, ho visto che la comunità parrocchiale ha reagito, più che mai affezionata e riconoscente al suo parroco. La solidarietà è stata tanta e si è manifestata in svariati modi. La ripresa delle funzioni religiose non è avvenuta facilmente. Ma, malgrado don Giuseppe non fosse più tra noi, abbiamo continuato a sentirne la presenza».

Nato a Varese, don Giuseppe Bentivoglio si è dapprima dedicato agli studi in medicina, successivamente è germogliata in lui, in seno al movimento di Comunione e liberazione, la vocazione al sacerdozio. Accolto dal vescovo Eugenio Corecco, entrava al servizio della diocesi di Lugano nell’agosto del 1988, ricevendo la cura pastorale di Taverne- Torricella. Don Bentivoglio è stato parroco di questo paese per ben 32 anni. Prete dal carattere spigoloso ha però trasmesso l’amore per Cristo e la Chiesa con determinazione e senza moralismi.

«Sono arrivato a Torricella dieci anni dopo di lui – ci racconta Stefano Braido – quindi ci siamo frequentati per una ventina d’anni. Una frequentazione che è diventata presto un’amicizia significativa: la condivisione di tanti momenti con la mia famiglia e i miei figli, molte cene ed anche numerose vacanze al mare. Nulla di eclatante ma una vera amicizia. Ricordo la bellezza nello stare ad ascoltarlo su qualsiasi argomento, attento ai suoi giudizi e alle sue spiegazioni. Ci ha aiutati a riconoscere la realtà come definita dalla presenza di Cristo e ad alimentare il nostro desiderio di seguire il Signore. Nella mia vita ho conosciuto poche persone che riuscivano a comunicare un tale amore a Cristo da renderlo una presenza desiderabile, da rendere la Chiesa, il luogo dove voler continuare a stare e a vivere».

Tiziana vive a Torricella da cinque anni. Don Giuseppe l’ha conosciuto ad una gita con altre persone. L’amicizia, cresciuta nel tempo, è maturata in un rapporto di reciproca fiducia e rispetto che si è sempre più consolidato in una forma di paternità spirituale. «Don Bentivoglio mi ha fatto incontrare di nuovo la fede, mi ha donato un gruppo di amici che ora mi riempie il cuore. Mi ha insegnato a stare dentro le circostanze della vita e ad abbracciarle, anche se non è cosa facile. Mi colpiva la concretezza delle sue omelie e catechesi, dalle quali si usciva provocati. Molti sono i ricordi indelebili, momenti di condivisione in cui mi raccontava della sua infanzia, dell’educazione ricevuta dai suoi genitori, del rapporto fecondo con don Luigi Giussani. Tante le gite culturali, con l’amico don Claudio Premoli, parroco di Mendrisio, nelle quali mi ha insegnato ad amare il bello nell’arte. Il ricordo più indelebile è il tenero sorriso che mi ha lasciato il giorno prima di essere condotto in ospedale, quando mi ha parlato per la prima volta della sua seria malattia, dicendomi: «Ti ricordi i due discepoli di Emmaus? Quando i medici mi hanno comunicato la diagnosi ho pensato: resta con me Signore, che si fa sera»».

Don Giuseppe aveva una personalità forte, a volte burbera, che poteva anche ferire, ma sotto la sua corazza c’era una grande timidezza e tenerezza, come raccontano alcuni che lo hanno conosciuto da vicino. Il suo testamento spirituale, lasciato prima di morire, mostra la consapevolezza che don Giuseppe aveva di sé. «Raccomando la mia anima alle preghiere di tutti – scrive lo scomparso parroco – chiedo perdono per le offese eventualmente arrecate a qualcuno, imploro la misericordia di Dio, perché voglia perdonare i molti miei peccati e lo ringrazio per il dono della fede e del sacerdozio. Muoio nella più grande serenità e nella più grande pace perché so che il Signore mi ama e anch’io lo amo, nonostante le mie miserie, le mie incoerenze e le mie contraddizioni. A lui mi affido, facendo mie le parole del Salmo: «lo sono tranquillo e sereno come bimbo svezzato in braccio a sua madre, come un bimbo svezzato è l’anima mia». Per questo desidero che al mio funerale venga letto il brano tratto dal vangelo di Giovanni al cap. 21, dal verso 15 al verso 22. Immensa riconoscenza debbo al Movimento di Comunione e Liberazione: per mezzo suo ho potuto incontrare e seguire Cristo».

«Don Giuseppe desiderava che incontrassimo Cristo come fonte di bellezza per la nostra vita, esattamente come era accaduto a lui. A coloro che dimostravano, anche solo con un embrionale desiderio di amare Cristo e la Chiesa, lui si dedicava senza risparmiarsi. Lasciava liberi tutti di fare le proprie scelte. Non aveva rancore ma dispiacere per chi si distanziava, magari solo perché contrariato dalle sue irruenze caratteriali», conclude Stefano Braido. Questo il ricordo degli amici di un parroco che per tre decadi ha servito la sua comunità.  

Domani, domenica 30 agosto, mons. Valerio Lazzeri, vescovo di Lugano, presiede la Santa Messa in occasione dell’entrata di don Michele Fornara quale nuovo amministratore parrocchiale della comunità di Taverne- Torricella. La celebrazione sarà alle ore 10.00, presso la chiesa dei Ss. Biaggio e Maurizio a Torricella.

Federico Anzini

Chiesa cattolica svizzera

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