Da sei anni in missione in Libano: «Resto a Beirut per aiutare a ricostruire»

«Quella accaduta a Beirut ormai due settimane fa è stata una tragedia nella tragedia: già la situazione economica è davvero molto drammatica, la pandemia poi ci stava mettendo in ginocchio e ora abbiamo davvero toccato il fondo». A parlare è Marie Lise Devrel, consacrata laica svizzera da sei anni in servizio presso il centro per bambini audiolesi «IRAP» gestito dal Movimento dei focolari, a una ventina di Km da Beirut.

Marie Lise Devrel.

Lei che potrebbe scappare in qualsiasi momento da questa situazione così disperata ha scelto di rimanere perché «mi sembra importante restare, rimanendo coerente nella scelta fatta anni fa. Non si lasciano le persone nel momento del bisogno e sento che questo dolore voglio farlo mio, facendo quello che posso per questa gente e questo Pese già dilaniato dalla pandemia e dalla povertà e ora ulteriormente ferito». È così che da quel tragico 4 agosto, Marie Lise cerca di aiutare le persone rimaste senza casa o senza lavoro a causa della devastante esplosione. Lo fa rimanendo all’interno dell’istituto: «Tanti nostri volontari vanno sul luogo dell’incidente per portare aiuto e risolvere emergenze; io non ho ancor trovato il coraggio e preferisco per il momento aiutare da qui». Marie Lise ci racconta dunque dell’opera dell’Istituto IRAP attivo da 60 anni a sostegno dei bambini sordi e che in questi giorni ha avviato una raccolta fondi a sostegno dell’emergenza (per donazioni www.iraplb.org o visitare il sito della Conferenza Missionaria della Svizzera Italiana). «Da sempre la missione del nostro istituto vuole anche essere quella di supportare là dove c’è una emergenza in corso, come la guerra fino a poco tempo fa e ora l’esplosione di Beirut che ha lasciato tante persone nella disperazione. Anche se l’istituto è chiuso per la pandemia, ci siamo subito mobilitati per portare soccorso a quanti in questo momento hanno perso casa. In questa fase stiamo facendo un censimento dei danni avuti dai sordi perché sono quelli che hanno più difficoltà a comunicare: attraverso volontari ed ex allievi cerchiamo di monitorare le emergenze più grandi e prestare soccorso. In questo modo, riusciamo a dare lavoro a persone rimaste senza impiego, oltre ovviamente ad aiutare persone in difficoltà».

Nella devastante situazione del Libano ci sono persone e luoghi che donano ancora speranza. Uno di questi è dunque l’istituto IRAP, dove lavorano e operano persone come Marie Lise che con tanta devozione e fede cercano di portare quello spirito di famiglia indispensabile oggi per guardare avanti, oltre la distruzione, oltre la pandemia, oltre la povertà che affliggono il Paese dei cedri. «Per noi è importante portare avanti la speranza che non siamo soli. Gli aiuti non sono organizzati, dunque noi, come tanti altri, cerchiamo di andare incontro a situazioni personali che altrimenti rimarrebbero nella solitudine. In questo momento, chi se la sente va e aiuta dove e come può». Segni di speranza dunque, da cui forse è possibile ripartire, come quello dei giovani, ci racconta Marie Lise, che domenica scorsa si sono raccolti nei pressi del porto pregando tra le macerie illuminate dalle candele; o come la preghiera fraterna che spesso va al di là delle confessioni, superando le differenze tra cristiani e musulmani. Tutti segni che dalle macerie fanno sperare a un futuro possibile.

Silvia Guggiari

Chiesa cattolica svizzera

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