Suor Ruth, morta di Covid la «Madre Teresa del Pakistan»

Gabriella Ceraso e Benedetta Capelli – VATICAN NEWS

La storia di questa suora morta di Covid-19 per non aver voluto lasciare soli i suoi ragazzi disabili, anche loro infettati dal virus, ha segnato in 50 anni la storia pakistana e di ogni persona che l’ha conosciuta. A lei andrà per volere del governo di Karachi il premio «Sitara-e-Imtiaz» (Civil Award).

Si tratta di uno dei premi civili più importanti per il Pakistan, assegnato dal presidente ai cittadini che si sono distinti per il loro nobili valori. Quest’anno il Civil Award è stato proposto per la suora che tanti considerano la «Madre Teresa» del Pakistan. Suor Ruth Lewis, francescana della Congregazione di Cristo Re, una delle figure più note della società civile nazionale e un orgoglio per i cattolici pakistani, è deceduta il 20 luglio scorso a causa del coronavirus mentre assisteva 21 ragazzi a loro volta malati di Covid-19. Con le persone da lei curate ha trascorso 51 anni di servizio personale, materno e devoto anche nei compiti più umili come pulirle, lavarle, cambiare loro i pannolini. La lettera con cui il governo provinciale del Sindh la raccomanda per il premio cita diverse delle sue opere, tutte, come la sua vita, destinate alle fasce più deboli della società.

In Pakistan, che registra oltre 270 mila contagi e più di 5.000 morti per la pandemia, c’è dunque anche suor Ruth. E’ accaduto nel luogo da lei stessa fondato, con l’aiuto di donatori e col supporto del governo, nel 1969 assieme a suor Gertrude Lemmens, la «Casa della Pace» (Dar ul Sukun). Lì – «sogno» realizzato per quegli emarginati – lei continuava a operare e a non voler lasciare soli neanche la notte i giovani ospiti, disabili mentali e fisici gravi, con cui condivideva anche le stanze, separata solo da una tenda. Lì ha contratto il virus, curando una ventina di malati, loro che erano stati salvati dalla strada, loro che la religiosa spronava a superarsi nei propri limiti, impegnandoli anche nello sport e nelle arti. A loro ha offerto la vita fino alla fine.

Padre Qaisar Feroz, francescano cappuccino, segretario esecutivo della Commissione episcopale per le comunicazioni sociali, che ha lavorato con Suor Ruth da seminarista per due anni, ne ricorda lo «sguardo evangelico e l’autentica testimonianza dell’amore di Dio verso ogni persona e ogni creatura». Il grande vuoto socale che lascia questa religiosa è rimarcato anche dalle autorità pakistane che restano accanto alla sua missione: il primo ministro Sindh, insieme con la sua direzione del Partito popolare pakistano, non solo ha pagato le spese per le cure mediche di suor Ruth, ma si occupa oggi anche della speciale quarantena in vigore a Dar ul Sukun per i bambini disabili colpiti dal Covid-19. Inoltre, il governo del Sindh ha concesso un sussidio di 25 milioni di rupie pakistane (circa 130 mila euro) per fornire assistenza e medicine ai 19 pazienti attualmente positivi al coronavirus che risiedono nel Centro.

La vita di suor Ruth e la sua speciale vocazione per i «dimenticati» rivivono nel ritratto che traccia padre Daniel John della diocesi di Islamabad Rawalpindi: ASCOLTA L’INTERVISTA SUL SITO DI VATICAN NEWS.

Chiesa cattolica svizzera

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