Si è spento Carlo Nobile, voce storica di Strada Regina – RSI LA1

di Italo Molinaro

Quando i canali di radio e tv si contavano su una mano, o forse meno, c’erano simboli che facevano di tutti noi ticinesi un villaggio. I programmi iniziavano con quella certa sigla, il Gatto Arturo era di casa ovunque, il TG era di Dario Robbiani e Tiziana Mona, e l’Ora della Terra ti portava in casa il Sciur Maestro. Ma oltre a loro c’erano le voci anonime che leggevano i notiziari, i documentari… Voci senza volto per i più, ma che giorno dopo giorno, anno dopo anno, scavavano un solco nella memoria collettiva, divenivano in qualche modo mitiche, di tutti, e davano ai radio e tele-spettatori un senso «di casa».

Così quando Strada Regina iniziò (2004) la sua collaborazione con Carlo Nobile, per me fu come entrare nel mito, con una voce che mi accompagnava sin dall’infanzia e che trascinava di botto la nostra neonata trasmissione in un certo modo dentro lo storia e soprattutto dentro una comunità dove qualcosa di impalpabile ti fa sentire a casa. Sentivo che la voce di Carlo, lettore, doppiatore, commentatore dei nostri servizi, voce storica di Radio Monteceneri e di tanta documentaristica TSI, dava alla nostra neonata Strada Regina una cittadinanza nella comunità, in un popolo dove quella voce… rappresentava «Qualcosa»! Avevamo anche noi «quella» voce, quella che da decenni aveva accarezzato l’udito del pubblico. La voce di Carlo era come se ci aprisse le porte delle case e dicesse: «Fidatevi di questa nuova trasmissione: sono dei pivellini, ma possono farcela. Ci metto la voce».

Sono immensamente grato a Carlo per il suo servizio generoso, gratuito e sempre disponibile per Strada Regina. Uomo di scuola e voce storica dei media pubblici nella Svizzera italiana, il professor Nobile fu formatore dei lettori di tante parrocchie ticinesi, attore di teatro, personaggio pubblico, spirito ironico, memoria storica di tante stagioni cantonalticinesi di cui lui continuamente ci raccontava e che nemmeno potevo immaginare.

Forse l’ultima volta che venne in radio per noi, fu nel 2014 per doppiare l’anziano cardinale di Bruxelles Godfried Danneels, che avevo intervistato a Roma. Da tempo ormai aveva concluso il suo servizio, ma per un caso così era la voce giusta. La sola vista del microfono gli evocava un mondo e un tempo che erano stati per lui un’arena in cui mettersi in gioco e trovare riconoscimento. Più che un semplice lavoro: un senso di vita. Forse addirittura troppo, così che smettere fu – lo si intuì – doloroso. Anche in questo, tuttavia, Carlo fu a suo modo un segno e un insegnamento: il simbolo di quanto una passione può motivare una vita e un’identità profonda.

«The Voice», come scherzosamento lo chiamavamo, senza nulla togliere a Frank Sinatra, rappresenta come detto uno degli ultimi simboli di un mondo che piano piano va scomparendo: quello di un Ticino che era comunità, in cui alcune voci erano diventate patrimonio comune e ci facevano sentire appartenenti. Ora è tutto più colorato, diversificato, molteplice… e anche parcellizzato, solitario, anonimo… Eppure aver avuto una voce come The Voice ci carica della responsabilità di un sogno: essere a nostra volta «voce». Magari per una tribù più piccola, o per ascolti più distratti, ma sono convinto che la passione anche oggi non smette di farsi ascoltare. Grazie Carlo!

Chiesa cattolica svizzera

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