La vita eterna (in ricordo di don Sandro Vitalini)

Durante l’estate proporremo, di tanto in tanto, alcuni testi del teologo ticinese Sandro Vitalini, scomparso il 5 maggio 2020. Un modo per ricordarlo e ritornare su pagine che hanno sempre qualcosa di attuale da comunicare, come queste in cui parla della vita eterna. Ecco come ha evidenziato i punti fondamentali della teologia dell’aldilà.

«Il legame tra escatologia per l’individuo e per la comunità
Proprio perché la persona non può svilupparsi che in relazione agli altri, sempre più immersa nel dinamismo di amore che la Trinità partecipa alle creature, non è possibile scindere la prospettiva di una salvezza dell’individuo da quella della comunità. La salvezza del singolo non si realizza con la sua fuga, con la sua chiusura, nei confronti dei fratelli, ma nel suo coinvolgimento nel loro dramma. D’altra parte la salvezza non è un vago miraggio di un avvenire un pò migliore per l’umanità, ma la risposta piena di Dio, che colma eternamente della sua vita ogni singola persona. Il destino eterno di ognuno determina per lui e per tutti il senso trascendente della sua dignità. L’annuncio della vita eterna non è una «pia» consolazione per addolcire il dramma della morte, ma la proclamazione del senso vero e ultimo della nostra vita personale e sociale. Un nuovo atteggiamento di fede, di ottimismo, di speranza, si impone sia circa la morte del singolo sia circa la «fine del mondo», non già temuta, ma bramata.

Il legame tra escatologia piena e incoativa
Ci siamo paragonati spesso a degli embrioni che presumono di parlare della loro vita da adulti. Tuttavia tra questa nostra fase embrionale d’esistenza e la vita piena nei cieli non c’è soluzione di continuità, anche se esiste una progressione così «esplosiva» che ci lascerà estasiati.
Per quanto si possa dire poco della vita eterna, si ha già la capacità di dire molto nel senso che, innanzitutto, ci si rende conto che non è una favola ma una realtà e, secondariamente, che essa non solo è già iniziata ma cresce, dal momento in cui si fa più spazio all’amore. Il dono di sé agli altri e l’accoglienza del dono degli altri per noi sono la pregustazione nello Spirito del Risorto di che cosa sia per noi l’eterna chiamata del Padre. Bisogna riconoscere che in un simile contesto di chiamata all’amore, ogni forma di colpa volontaria ci appare qualcosa di orrendo e di assurdo, così come la prospettiva di una purificazione nella morte ci appare gravida di conseguenze per il nostro comportamento attuale.
Il fatto poi di arrischiare di mancare del tutto alla nostra chiamata nella chiusura definitiva assume una mostruosità tale che è sperabile che nessuno arrivi mai a stroncare per sempre l’iniziativa infinitamente misericordiosa del Padre. Il rischio di questa possibilità va però doverosamente evocato.

Il legame tra attesa e lavoro
Facciamo l’esperienza del regno che viene nella misura in cui cooperiamo attivamente al suo avvento. Lungi dall’addormentare nell’oppio della rassegnazione, l’annuncio della vita eterna è intrinsecamente rivoluzionario: ogni forma di peccato non solo personale, ma anche sociale e strutturale diviene intollerabile. Non meraviglia che il santo sia martirizzato e che la Chiesa, quanto è più fedele alla parola di Cristo, tanto più sia perseguitata. Il cristiano è colui che lavora per affrettare quella fine che sarà il vero inizio della nuova storia, cosciente che ogni uomo va aiutato perché sia in grado di non chiudersi alla chiamata per il regno eterno.
Si lavora e si combatte nella coscienza che tutto è progresso dell’uomo, morale, economico, sociale, è nelle nostre mani, e di fatto si realizza solo se noi ci poniamo in quelle di Dio.
C’è da augurarsi che una rinnovata predicazione della vita eterna ci renda più battaglieri, magari anche martiri, e maggiormente ci faccia capire l’imprescindibile nesso che esiste tra una fede viva ed un concreto impegno
politico.

Concludiamo con un duplice voto: che la lettura di questo testo possa aiutare anche qualche fratello che vive il cristianesimo nell’ambito delle Chiese riformate a meglio capire la posizione cattolica. Penso che pure in campo escatologico, persino sulla controversa dottrina del purgatorio, oggi si sarebbe in grado di arrivare a un consenso. Se poi un eventuale lettore non credente percorresse questi capitoli, forse anch’egli potrebbe rendersi conto che il cristianesimo non è evasione, rinuncia, rassegnazione, ma impegno, lotta e martirio. Forse che l’impegno che anche questo fratello vive a favore degli altri non potrebbe aiutarlo a percepire che l’annuncio di vita eterna di queste pagine lo tocca così da vicino che già lo sente palpitare nel suo cuore?
Che davvero tutti gli uomini possano vivere in conformità alla preghiera del Signore Gesù: «Padre, venga il tuo regno» (Mt 6, 10)!»

Sandro Vitalini

Tratto da: Credo la vita eterna, Edizioni La Buona Stampa, Lugano, 1991, pp. 127-129.

Contributi precedenti:
Che cosa è il cristianesimo? (in ricordo di don Sandro Vitalini)
L’accoglienza secondo il Nuovo Testamento (in ricordo di don Sandro Vitalini)

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