Caritas Ticino: aiuti mirati e poco burocratizzati durante la pandemia

Cosa ha portato a Caritas Ticino il coronavirus? Soprattutto il rafforzamento della convinzione che i rapporti di fiducia con le persone con le quali entriamo in contatto quotidianamente – in particolare con il servizio sociale (800 nel 2019) e nell’accompagnamento dei partecipanti ai programmi occupazionali (1140 nel 2019) – siano stati ulteriormente valorizzati ed abbiano permesso di avvicinarci maggiormente alle persone che nei periodi caldi della pandemia ci hanno visti separati fisicamente. Sembra una contraddizione, ma la cosiddetta distanza sociale, che si è rivelata, di fatto, prevalentemente fisica, ha fatto emergere l’esigenza di riavvicinarsi. Nulla di nuovo? No! Molto di nuovo! Le reazioni di buona parte delle persone in disoccupazione o in assistenza che sono rimaste a casa per due mesi, sono state quelle di chiedere spesso quando avrebbero potuto rientrare al lavoro, ben coscienti che non si trattava di un posto fisso, ma di un periodo limitato e consapevoli –non solo per il periodo della pandemia – che quel luogo non fosse unicamente di lavoro, ma d’incontro, di dialogo, di ascolto, a volte anche di scontro, ma pur sempre un punto quotidiano di riferimento per la propria vita. Lo stesso possiamo dire per quelle persone che si sono rivolte per un aiuto al servizio sociale anche tramite il nuovo servizio «Un aiuto insieme»; l’aumento del 30% delle richieste in tre mesi, il sostegno fino ad oggi con oltre CHF 80’000 per il pagamento di fatture o per buoni alimentari, fondi provenienti dalla solidarietà di molti, ha permesso a singoli e famiglie di poter far fronte ad una situazione straordinaria e drammatica allo stesso tempo, con misure sussidiarie, immediate e poco burocratizzate. In entrambi i servizi è emersa una sincera gratitudine per il sostegno e la vicinanza avuta nei loro confronti. Caritas Ticino non ha svolto un’azione straordinaria, ma ha reagito ad una situazione di drammaticità attingendo all’esperienza della dottrina sociale della Chiesa che pone al centro la dignità della persona. Anche in questa occasione l’abbiamo tradotta in azioni mirate e di valorizzazione delle risorse delle persone incontrate. La pandemia, per le persone che si sono rivolte a Caritas Ticino ha evidenziato e fatto emergere alcune fragilità già presenti in precedenza, ma anche situazioni nuove come ad esempio quelle in cui si sono trovate persone indipendenti che non hanno più potuto svolgere le proprie attività, pur dovendone sostenre i costi fissi. Non per tutti i risparmi accumulati sono stati sufficienti. La preoccupazione principale rimane quella di un posto di lavoro che dia sicurezza. In una civiltà basata sul lavoro quale strumento d’integrazione, di comunità, di produzione di ricchezza e di ridistribuzione, questa crisi ha messo in bilico alcuni di questi tasselli. La Svizzera è stata in grado di garantire a buona parte della popolazione sostegni di diverso tipo ma preoccupante rimane il fatto che in una nazione ricca e all’avanguardia come la nostra, non si riesca a garantire un’occupazione con salari dignitosi a tutti coloro che sono in grado di lavorare. Nel suo piccolo, in questo periodo, Caritas Ticino ha anche potuto offrire, grazie alla produttività dell’economia circolare, due assunzioni effettive -seppure a tempo determinato e parziale- per altrettante persone in assistenza. Continuiamo anche ad implementare la formazione di base nei nostri Programmi occupazionali: ci sembra questa una delle risposte per combattere la povertà relativa alla fonte e la strada sulla quale continuare.

Marco Fantoni, direttore di Caritas Ticino

Chiesa cattolica svizzera

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