Intervista: l’economista Zamagni sui 120 anni della Moncucco

«Ho visitato la Clinica Moncucco e sono stato positivamente colpito da come è gestita». Nel 2017 il professor Stefano Zamagni, economista e oggi presidente della Pontificia accademia delle scienze sociali, intervenne alla Clinica Luganese in un convegno sul ruolo del terzo settore nei sistemi sanitari. Oggi, alla vigilia del 120esimo anniversario di fondazione di Moncucco, Zamagni riflette sugli insegnamenti emersi nella pandemia.

Professore, il dibattito sui sistemi sanitari è più che mai attuale. «Accanto alle strutture pubbliche esistono quelle private, ma la distinzione tra privato non profit e for profit ha mostrato in questi mesi gli equivoci del sistema europeo».

Ci aiuti a capire. «Il privato non profit, come nel caso di Moncucco, ottiene degli utili che reinveste nella stessa attività ospedaliera. Anche il privato for profit ottiene degli utili, che invece vanno ad arricchire i gestori delle strutture sanitarie: in questo caso si parla di profitti. Qui si pone una questione etica: è giusto fare profitti con la vendita di beni essenziali come i servizi sanitari? Negli Stati Uniti la sanità è gestita come ogni altra attività economica, ma questa visione non è compatibile col sistema europeo che fa della salute un diritto universale. Dunque, il modello della sanità non profit è preferibile, perché gli utili sono reimpiegati all’interno delle strutture per migliorare i servizi medici».

Anche la sanità privata for profit, tuttavia,ha contribuito nella risposta al Coronavirus. «Certamente, ma i mezzi a disposizione delle strutture private erano limitati. Per un motivo semplice: gli ospedali privati for profit spesso non hanno il pronto soccorso o prevedono pochi letti di terapia intensiva, perché sono servizi poco remunerativi. Davanti a uno scenario come l’epidemia infettiva, però, ci si è accorti che le persone non hanno bisogno solo di eccellenze, ma anzi più spesso di medicina sul territorio».

Quale può essere l’interazione in caso di pandemia tra privato for profit e privato non profit? «Intanto occorre che gli ospedali privati non profit proseguano nella missione di servire la salute delle persone a tutto campo: così possono intercettare ogni tipo di bisogno e offrire una risposta efficiente. Quanto al sistema nella sua interezza, la soluzione era già nel diritto romano: «Chi gode dei vantaggi deve farsi carico anche degli svantaggi».

Al di fuori della sanità, tutto il sistema economico è stato colpito dalla pandemia. «L’esperienza di queste settimane ci insegna che i problemi si risolvono con la cooperazione tra imprese ed enti pubblici. Se da parte delle imprese c’è comprensione della posta in gioco e una fattiva collaborazione, allora si può andare avanti. Nel caso della pandemia, la svolta è arrivata quando si è capito che era essenziale il distanziamento fisico: allora le attività produttive hanno potuto prendere le misure necessarie a ripartire in sicurezza».

Comprensione dei problemi e collaborazione: un approccio che può essere anche per altre emergenze, come quella ambientale? «Assolutamente. Di nuovo torna il tema di vantaggi e svantaggi: le imprese oggi non si assumono i costi dell’inquinamento, e questo genera un profitto drogato. Ma sulla crisi ecologica sono fiducioso: ormai è chiaro che la si può affrontare solo con un impegno condiviso, e si procede in questa direzione».

Quali vie di uscita dalla pandemia? «Davanti a noi abbiamo due strade. Una è quella dell’alluvione: aspettiamo che il fiume torni nell’alveo, mettiamo toppe agli argini e ripartiamo come prima, business as usual. Ma il fiume potrebbe esondare di nuovo, gli studi dicono che un’altra pandemia potrebbe colpirci nel giro di dieci anni. Ecco allora che è preferibile il secondo modello: quello della resilienza trasformativa. Imparare dall’esperienza di questi mesi per aumentare la capacità del nostro sistema di far fronte alle sue vulnerabilità. Affinché questo accada bisogna mettere in campo delle trasformazioni: una potrebbe riguardare i sistemi sanitari, ma serve ripensare anche scuole, modelli fiscali e imprenditoriali».

Gioele Anni

Chiesa cattolica svizzera

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