La Via Crucis diventa Via Lucis: in un libro le meditazioni scritte dai detenuti di Padova

Pubblicato in questi giorno da Rizzoli, «I gabbiani e la rondine. La Via Lucis di Papa Francesco» (pp. 176), di Marco Pozza, dottore in Teologia e cappellano del carcere di Padova, è il racconto della Via Crucis celebrata il 10 aprile scorso da Papa Francesco nel pieno della pandemia: non si svolge in mezzo alla folla, nel Colosseo, ma nella piazza San Pietro deserta, sotto lo sguardo dell’antico crocifisso della chiesa di San Marcello al Corso.

Le parole che risuonano nella notte della morte e del dolore provengono dalla parrocchia del carcere di Padova: a meditare sulle quattordici stazioni della Passione di Cristo è un’intera comunità di uomini e donne che abita e lavora in questo mondo ristretto. Nel libro, partendo dalle meditazioni sulla Via Crucis raccolte e scritte insieme alla giornalista e volontaria Tatiana Mario, don Marco Pozza costruisce un racconto sulla fede e la risurrezione dei viventi: la Via Crucis di Gesù diventa così una Via Lucis degli uomini, la cui sofferenza è stata riscattata da Cristo in persona. «Mai celebrata una Via Crucis così» scrive l’autore. «Pareva davvero d’attraversare l’Odio desiderando l’Amore».

Le meditazioni della Via Crucis officiata da Papa Francesco a Roma il 10 aprile 2020 sono state proposte dalla cappellania della Casa di Reclusione Due Palazzi di Padova. Raccogliendo l’invito di Papa Francesco, quattordici persone hanno meditato sulla Passione di Nostro Signore Gesù Cristo rendendola attuale nelle loro esistenze. Tra loro figurano cinque persone detenute, una famiglia vittima di un reato di omicidio, la figlia di un padre condannato alla pena dell’ergastolo, un’educatrice del carcere, un magistrato di sorveglianza, la madre di una persona detenuta, una catechista, un frate volontario, un agente di polizia penitenziaria e un sacerdote accusato e poi assolto definitivamente dalla giustizia dopo otto anni di processo ordinario.

Accompagnare Cristo sulla Via della Croce, con la voce rauca della gente che abita il mondo delle carceri, è stata l’occasione per assistere al prodigioso duello tra la Vita e la Morte, scoprendo come i fili del bene si intreccino inevitabilmente con i fili del male.

È così che la Via Crucis diventa una Via Lucis.

I testi, raccolti dal cappellano don Marco Pozza e dalla volontaria Tatiana Mario, sono stati scritti in prima persona. Si è scelto volutamente di non mettere il nome: chi ha partecipato a questa meditazione ha deciso di prestare la sua voce a tutti coloro che, nel mondo, condividono la stessa condizione. In quella serata, nel silenzio delle galere, la voce di uno ha voluto diventare voce di tutti.

Sulla Via Crucis scritta dai detenuti leggi anche l’intervista al cappellano del carcere di Como.

Agenzia Sir/red

Chiesa cattolica svizzera

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