Per conoscere Maria: dalla Bibbia alla vita di ieri, oggi e domani (5)

di Ernesto Borghi, (coordinatore della formazione biblica nella diocesi di Lugano)

Ancora da Luca 2

            Nei vv. 21-52 del secondo capitolo lucano Maria compare coma destinataria delle parole di Simeone (vv. 34-35) [1] e come interlocutrice di suo figlio nel dialogo in occasione del ritrovamento di costui al tempio di Gerusalemme (cfr. v. 48)[2]

         Indubbiamente «Simeone annuncia a Maria che la sua intera vita sarà attraversata dalla parola del figlio, parola che come una spada la costringerà a scelte dolorose ma inevitabili. Se l’accoglienza dell’annuncio dell’angelo l’aveva portata ad essere la madre di Gesù, l’accoglienza del messaggio del figlio la porterà ad esserne la discepola»[3].

            E nel v. 48 la difficoltà di questo ruolo ulteriore comincia a manifestarsi. Infatti si riscontra uno sbigottimento profondo dei genitori che si esprime nelle parole della madre. Ella, a partire da un’evidente umanità interiore e dall’intima preoccupazione di entrambi[4], chiede conto al figlio del suo agire. Nel testo si nota che gioca un ruolo importante l’affetto materno[5], ma il testo prosegue nel delineare la figura di Maria come colei che desidera comprendere quanto sta succedendo nella vita del figlio e nella propria, in una prospettiva assolutamente analoga a quella del discernimento che dal v. 19 arriva al v. 51: «Sua madre custodiva tutti i fatti e tutte le parole nel suo cuore».

            Maria continua a sviluppare la sua fisionomia meditativa in relazione a quanto ha vissuto e la strada del discepolato verso suo figlio non sarà semplice. Ella appare quale modello per chiunque abbia ascoltato o letto ciò che i centrotrenta versetti lucani precedenti hanno mostrato e voglia tenerne conto esistenzialmente nella propria vita[6].

Dal resto del Nuovo Testamento

Galati 4,4

            «Ma quando il tempo fu pienamente compiuto, Dio mandò suo figlio, nato da donna, nato sotto la Torah».

Marco 3[7]

            «31Giungono sua madre e i suoi fratelli e, stando fuori, mandarono a chiamarlo. 32Attorno a lui era seduta una folla, e gli dicono: «Ecco, tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle fuori cercano te». 33Ma egli risponde loro: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?». 34Girando lo sguardo su quelli che erano seduti attorno a lui, dice: «Ecco mia madre e i miei fratelli! 35Chi faccia la volontà di Dio, costui è mio fratello, mia sorella e mia madre»».

Marco 6,3[8]

            «»Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle non stanno qui da noi?»».

Luca 11

            «27Mentre diceva questo, una donna dalla folla alzò la voce e gli disse: «Beato il grembo che ti portò e le mammelle che tu succhiasti!». 28Ma egli disse: «Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!«».

Atti 1,14

            «Tutti questi erano perseveranti e concordi nella preghiera insieme ad alcune donne e a Maria, la madre di Gesù, e ai fratelli di lui».

Riflessioni globali su questi brani

            La rilevanza del ruolo di Maria appare assai meno cospicua che nei passi lucani e giovannei prima esaminati. Infatti quanto emerge dai testi proposti nei paragrafi appena precedenti non aggiunge alcunché alla profondità del rapporto tra madre e figlio né alla storicità di tale relazione, ma ribadisce significativamente che il legame a cui il Gesù evangelico dà maggiore importanza non è quello carnale, di sangue, ma quello del cuore e delle scelte esistenziali discendenti da un’interiorizzazione effettiva della volontà divina[9].

            D’altro canto vari suoi contemporanei dimostrano di lasciarsi guidare semplicemente dal passato e dalle percezioni visive attuali, non dall’ascolto aperto ed appassionato delle parole del Nazareno: cercano di ridimensionare l’impatto che quanto egli afferma ha sugli ascoltatori non pregiudizialmente ostili.

            Il brano tratto dagli Atti degli Apostoli costituisce, in un certo senso, la conclusione stilizzata della vita di Maria, in particolare dall’annuncio di Gabriele in poi: la preghiera, nella dimensione della prima comunità di discepoli di Gesù Cristo,risulta la modalità espressiva qualificante per rendere la ricerca di rapporto con Dio stesso. E ciò dimostra che Maria, accettando di far parte del piccolo gruppo di coloro che hanno accettato di essere discepoli di Gesù dopo la sua morte infamante come Crocifisso e le sue apparizioni come Risorto e prima della Pentecoste (cfr. At 2,1ss), è stata capace, quali che ne siano state le difficoltà, di accogliere esistenzialmente la parola di suo figlio, confermandosi in tutta la potenza quotidiana della sua fede.

Il caso di Apocalisse 12

            «1Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle. 2Era incinta, e grida per le doglie e il travaglio del parto. 3Allora apparve un altro segno nel cielo: un grande drago rosso, con sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi; 4la sua coda trascina un terzo delle stelle del cielo e le gettò sulla terra. Il drago si pose davanti alla donna, che stava per partorire, per divorare il bambino appena lo avesse partorito. 5Essa partorì un figlio maschio, destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro. E suo figlio fu rapito verso Dio e verso il suo trono. 6La donna invece fuggì nel deserto, dove Dio le aveva preparato un rifugio perché vi fosse nutrita per milleduecentosessanta giorni».

            La donna di cui questo brano parla – testo che ha conosciuto innumerevoli rappresentazioni nelle arti figurative di molti secoli – non è necessariamente Maria, madre di Gesù: nella storia dell’esegesi e dell’ermeneutica relative le letture sono state varie. La figura di Israele oppure la Chiesa sono le altre più ricorrenti.

            Solo la descrizione esteriore di questa donna (v. 1) è chiaramente compatibile con le tre interpretazioni alternative prima menzionate. Infatti la stessa affermazione circa la sottrazione violenta del neonato si potrebbe spiegare soltanto per Israele: «Cristo, pur generato da Israele, gli è stato sottratto a causa della sua incredulità. Ma come intendere, allora, le attenzioni e le premure che Dio presta alla donna, pur dopo che il figlio le è stato tolto?»[10].

            Una spiegazione plausibile è che, in considerazione anche del contrasto tra lo splendore dell’abbigliamento e la tragicità dell’agonia del parto, la costellazione che le circonda la testa sia un popolo in attesa, la comunità messianica[11].

            Permane comunque stimolante l’idea che interpreta la nascita dell’infante come la nascita di Gesù come Messia tramite la sua morte, fondandosi sul simbolismo della nascita attraverso la morte proprio di Gv 16,20-22: nella notte prima della sua morte, Gesù affermò che i discepoli erano affannati come una donna in procinto di partorire[12].

            Queste brevi notazioni mostrano quanto sia difficile dare una lettura unilateralmente mariana delle immagini presentate da questo splendido passo neo-testamentario[13] e come sia legittimo passare oltre, considerando sempre le attestazioni sicuramente riconducibili a Maria di Nazareth.

Per concludere: verso una pietà mariana che orienti a Gesù Cristo

            Maria di Nazareth è stata, tra la fine del I secolo a.C. al I secolo d.C., una figura importante per Dio e da Dio, per gli esseri umani e dagli esseri umani individualmente e comunitariamente intesi. I versetti di Lc 1-2, Mt 1-2 e Gv 2 e 19 – passi in cui ella è esplicitamente menzionata e direttamente attiva – indicano chiaramente il fondamento di tale rilevanza etica e religiosa. Questa valenza è essenzialmente radicata nella sua scelta di fiducia intelligente, responsabile e appassionata nel Dio di Gesù Cristo. Ella è la credente che cerca di capire, nel cuore e nella mente, come poter essere utile al progetto a cui Dio l’ha invitata a partecipare con un ruolo decisivo.

Ogni altra caratteristica discende da tale compito impegnativo e gioioso, luminoso e tragico che ella ha accettato di svolgere: far strada, nel suo grembo, all’incarnazione di Dio nella storia umana.

La verginità, il concepimento suo esente dal peccato originale, la sua assunzione corporea al cielo – solo per citare gli aspetti più rilevanti anche a livello di pietà religiosa sono da comprendere sempre e soltanto in relazione a questo dato di fatto (per qualche approfondimento, tra testi e arti figurative, con ne e Stefano Zuffi, si veda questa conferenza.

Tutto ciò senza mai dimenticare che soltanto di questo primo aspetto – la verginità prima della nascita di Gesù – le fonti bibliche parlano univocamente, mentre gli altri elementi discendono da tradizioni di fede e di devozione non fondabili anzitutto nei testi biblici, che hanno dato la base ad importanti scelte ecclesiali ben successive al I secolo d.C.

Anche queste riflessioni fanno comprendere quanto siano infondate biblicamente, dunque cristianamente tutte le forme di culto mariano che finiscono per idolatrare Maria in quanto tale e quanto avvilenti siano, rispetto ad una concezione adulta della donna, tante rappresentazioni mariane.

«La nostra epoca, non diversamente dalle precedenti, è chiamata a verificare la propria cognizione della realtà con la parola di Dio e, per limitarci al nostro argomento, a confrontare le sue concezioni antropologiche e i problemi che ne derivano con la figura della Vergine Maria, quale è proposta dal Vangelo. La lettura delle divine Scritture, compiuta sotto l’influsso dello Spirito Santo e tenendo presenti le acquisizioni delle scienze umane e le varie situazioni del mondo contemporaneo, porterà a scoprire come Maria possa essere considerata modello di quelle realtà che costituiscono l’aspettativa degli uomini del nostro tempo… Il Concilio Vaticano II ha già autorevolmente denunziato sia l’esagerazione di contenuti o di forme che giunge a falsare la dottrina, sia la grettezza di mente che oscura la figura e la missione di Maria; nonché alcune deviazioni cultuali: la vana credulità, che al serio impegno sostituisce il facile affidamento a pratiche solo esteriori; lo sterile e fugace moto del sentimento, così alieno dallo stile del Vangelo, che esige opera perseverante e concreta. Noi ne rinnoviamo la deplorazione: non sono forme in armonia con la fede cattolica e, pertanto, non devono esistere nel culto cattolico. La vigile difesa da questi errori e deviazioni renderà il culto alla Vergine più vigoroso e genuino: solido nel suo fondamento, per cui in esso lo studio delle fonti rivelate e l’attenzione ai documenti del Magistero prevarranno sulla ricerca esagerata di novità o di fatti straordinari; obiettivo nell’inquadramento storico, per cui dovrà essere eliminato tutto ciò che è manifestamente leggendario o falso; adeguato al contenuto dottrinale, donde la necessità di evitare presentazioni unilaterali della figura di Maria, le quali, insistendo più del dovuto su un elemento, compromettono l’insieme dell’immagine evangelica; limpido nelle sue motivazioni, per cui con diligente cura sarà tenuto lontano dal santuario ogni meschino interesse. Infine, qualora ve ne fosse bisogno, vorremmo ribadire che lo scopo ultimo del culto alla Beata Vergine è di glorificare Dio e di impegnare i cristiani ad una vita del tutto conforme alla sua volontà. I figli della Chiesa, infatti, quando, unendo le loro voci alla voce della donna anonima del Vangelo, glorificano la Madre di Gesù, esclamando, rivolti a Gesù stesso: Beato il seno che ti ha formato, e le mammelle che tu hai succhiato! (Lc 11,27), saranno indotti a considerare la grave risposta del divin Maestro: Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica (Lc 11,28)»[14].

O la venerazione mariana consente di orientare la vita dell’essere umano alla sequela del Dio di Gesù Cristo oppure è del tutto estranea alla fede cristiana, quindi inaccettabile in questo quadro. Infatti i cristiani in genere e i cattolici in particolare non hanno come Dio la Trinità più una donna, Maria. Ella dunque non è dalla parte di Dio a guardare verso gli uomini, ma dalla parte degli uomini a guardare anch’essa verso il Dio di Gesù Cristo.

            Le varie confessioni cristiane possono costruire una comune comprensione della figura di Maria, mostrando il coraggio e la libertà di cuore e di mente necessari per mettersi alle spalle gli elementi di separazione che non sono fondati sulla fede biblicamente intesa. Se vari protestanti dovranno evitare ogni presa di distanza pregiudiziale dalla figura concreta di Maria, sul cammino verso l’unità cristiana «sarà di aiuto se i cattolici faranno proprio lo sforzo della tradizione della Riforma di mantenere in tutto l’unica mediazione di Cristo, il primato della fede e della grazia e la precedenza della parola di Dio nella Bibbia proprio anche in riferimento a Maria. Ciò favorisce l’accuratezza teologica nella mariologia e una sobria moderazione nella venerazione di Maria»[15], che è quanto di più radicalmente e rispettosamente mariano si possa realizzare. Come si può arrivare a tanto? Per esempio mettendo sempre più in pratica le seguenti attenzioni:

pregare con il Magnificat, dalla liturgia delle ore ad ogni occasione di preghiera pubblica e di formazione alla preghiera, e con la preghiera popolare dell’Ave maria;

togliere ogni incrostazione non biblica alla recita del Rosario;

mettere in secondo piano preghiere come «Salve, Regina» [16] e qualsiasi altra che dia spazio ad un’antropologia assai poco evangelica;

ridimensionare il più possibile tutte le interpretazioni e presentazioni della figura di Maria che sappiano di infantilismo ed emotività dolciastra, perché con la rappresentazione della madre di Gesù fornita dalle testimonianze del I secolo d.C. esse non c’entrano;

togliere progressivamente ogni risalto alle celebrazioni popolari che appaiono delle manifestazioni di un substrato religioso pagano semplicemente ricoperto di spiritualità pseudo-cristiana.

            Maria è una donna di fede tanto più eccezionale quanto del tutto eloquente, come modello religioso adulto e responsabile, anche nel nostro tempo. La devozione mariana è certamente molto importante, ma occorre che non si dimentichi mai che a Maria si deve arrivare solo e soltanto in relazione a Gesù di Nazarethh crocifisso e risorto. Il Dio di Gesù Cristo mostra Maria, la quale invita costantemente a guardare a Lui.

            Rivedere costantemente schemi cultuali e pratiche religiose mariane è un occasione per chiedersi giorno per giorno di quale tipo sia la fede cristiana che si ritiene di avere.

            Maria ha vissuto, dall’annunciazione in poi, in ripetuto discernimento di quanto stava sperimentando: lo abbiamo percepito chiaramente leggendo sinteticamente anzitutto i testi evangelici lucani. A ogni essere umano che guardi a questa fiducia con serietà e passione, spetta accogliere Gesù Cristo con assenso pieno, dunque «accogliere anche tutti i doni – compresa Maria – coi quali egli ha voluto arricchire la sua chiesa e stabilire tra di essi la corretta e feconda armonia»[17].


[1] «34E Simeone augurò loro il sostegno di Dio e disse a Maria, sua madre: «Ecco egli sta come motivo di caduta e rispettivamente di ascesa per molti in Israele e in segno di contraddizione, 35– e anche tu, una spada ti trafiggerà interiormente – affinché siano svelati i pensieri che sgorgano da molti cuori»».

[2] «48Al vederlo restarono fortemente sbalorditi e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io eravamo angosciati e cercavamo te»».

[3] A. Maggi, Non ancora madonna, Cittadella, Assisi (PG) 2009, p. 78.

[4] L’espressione «tuo padre ed io» appare non una formula di cortesia espressiva, ma il segno evidente che almeno questa parte del racconto viene da ambienti culturali che non erano al corrente del racconto che si legge in Lc 1,26ss.

[5] In termini di coinvolgimento emotivo profondo si vedano anche testi tra loro diversi come Lc 16,24-25; At 20,38.

[6] «Il cuore di Maria è abitato dalla gioia, alla nascita del Figlio, alla festa dei pastori. Lo stesso cuore è abitato dall’inquietudine, forse dalla difficoltà di comunicare con il Figlio, dodici anni dopo. Il ritrovamento di Gesù nel tempio il terzo giorno prefigura infatti la morte e la risurrezione di Gesù; e per Maria prefigura un destino in cui forse si sente divenire estranea, perché il Figlio non la comprende più e non la può più seguire: è il segno di contraddizione, la spada che le trafiggerà l’anima. La memoria prima raccolta e custodita gelosamente nell’intimo ora diventa una memoria divisa, fra la gioia e il timore. Maria continuava a custodire tutte queste cose, ma nell’incomprensione con il Figlio si apriva progressivamente alla comprensione del mistero e della missione di Gesù» (G. Cereti, «Maria custodiva tutte queste cose meditandole nel suo cuore» [Lc 2,51], in Aa.Vv., «Se avete fede quanto un granello di senape», SAE [a cura di], Ancora, Milano 2006, p. 207).

[7] Ecco i paralleli sinottici:

«»¢ Matteo 12: «46Mentre egli parlava ancora alla folla, ecco, sua madre e i suoi fratelli stavano fuori e cercavano di parlargli. 47Qualcuno gli disse: «Ecco, tua madre e i tuoi fratelli stanno fuori e cercano di parlarti». 48Ed egli, rispondendo a chi gli parlava, disse: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?». 49Poi, tendendo la mano verso i suoi discepoli, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli! 50Chiunque faccia la volontà del Padre mio che è nei cieli, egli è mio fratello, mia sorella e mia madre»».

«»¢ Luca 8: «19E andarono da lui la madre e i suoi fratelli, ma non potevano accostarsi a lui a causa della folla. 20Gli fecero sapere: «Tua madre e i tuoi fratelli stanno fuori e desiderano vederti». 21Ma egli rispose loro: «Mia madre e miei fratelli sono questi: coloro che ascoltano la parola di Dio e la attuano»».

[8] Parallelo in Matteo 13: «»55Non è costui il figlio del falegname? E sua madre, non si chiama Maria? E i suoi fratelli, Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? 56E le sue sorelle, non stanno tutte da noi? Da dove gli vengono allora tutte queste cose?»».

[9] «L’appartenenza a Gesù non è condizionata dalla razza, dalla religione, dalla nazionalità, ma è aperta a chiunque intenda realizzare nelal sua vita la volontà di Dio: che ogni uomo diventi suo figlio attraverso la pratica di un amore simile al suo (cfr. Ef 1,4). Per la madre di Gesù nulla potrà essere come prima. È chiamata ad una scelta. Può tornarsene a Nazaret con la sua famiglia, abbandonando Gesù alla sua follia, o decidere di entrare a far parte dei seguitori del Cristo, lasciando però per sempre la sua famiglia. La scelta è in ogni caso drammatica e carica di conseguenze. In quella cultura solo le prostitute vivevano al di fuori del clan familiare…» (A. Maggi, Non ancora madonna, p. 98).

[10] E. Corsini, Apocalisse prima e dopo, SEI, Torino 1980, p. 311. Circa l’interpretazione relativa ad Israele potrebbe essere un elemento utile il testo di Gen 37,9, dove si parla di un sogno di Giuseppe in cui i simboli stellari sono egli e i suoi fratelli.

[11] Cfr. R. Foulkes, Apocalisse, in A.J. Levoratti (a cura di), Nuovo Commentario Biblico. Atti degli Apostoli-Lettere-Apocalisse, tr. it., Borla-Città Nuova, Roma 2006, pp. 805-806.

[12] Cfr. R.E. Brown, Introduzione al Nuovo Testamento, tr. it., Queriniana, Brescia 1998, p. 1033.

[13] Se ne veda una lettura particolarmente approfondita e articolata, per es., in G. Biguzzi, Apocalisse, Paoline, Milano 2005, pp. 234-244; J. Delorme-I. Donegani, L’Apocalypse de Jean. Révélation pour le temps de la violence e du désir, II, Cerf, Paris 2010, pp. 12-27. Suggestive sono anche le riflessioni di L. Maggi, L’evangelo delle donne, Claudiana, Torino 2014, pp. 127-130.

[14] Paolo VI, esortazione apostolica Marialis cultus (2.2.1974 -nn. 37.38.39).

[15] Conferenza Episcopale Tedesca-Chiesa Evangelica Luterana Unita di Germania, Communio Sanctorum. La chiesa come comunione di santi, tr. it., Morcelliana, Brescia 2003, p. 136. «Indicare la dimensione ecumenica della mariologia biblica, che permette un dialogo tra di noi, fratelli ancora separati dalle nostre divisioni, e che a volte pensiamo che anche la contemplazione di Maria serva più a dividerci che a unirci. Alla luce del messaggio scritturistico ci si rende conto che la figura di Maria, nostra madre e sorella, ci richiama alla nostra fondamentale vocazione alla santità e pertanto ci aiuta a meglio percepire quella che è l’essenza della vita nel Cristo e cioè la carità trinitaria, partecipataci nella misura in cui accettiamo che essa infranga ogni barriera, ogni preconcetto, ogni diffidenza, e ci porti ad essere una cosa sola nello Spirito del Risorto a Gloria del Padre» (S. Vitalini, Maria nel Nuovo Testamento, p. 7).

[16] La preghiera «Salve Regina» (sec XI) fu composta dal monaco benedettino tedesco Hermann di Reichenau(1013–1054), venerato come beato. Figlio di nobili, nacque deforme e, all’età di sette anni, fu affidato al monastero benedettino di Reichenau. La sua grave malformazione fisica (non poteva stare eretto né tanto meno camminare) gli fece avere il soprannome, con cui è ancor oggi noto, di Â«contratto». Alla sua penna si deve la preghiera in questione, che, in un passaggio centrale, recita così: «Ad te clamamus, exsules filii Evae, ad te suspiramus, gementes et flentes in hac lacrimarum valle (= A Te ricorriamo, noi esuli figli di Eva; a Te sospiriamo, gementi e piangenti in questa valle di lacrime). Storicamente si comprende bene perché sia stata composta questa preghiera, ma indubbiamente si è meritata di essere «pensionata» definitivamente, se si condivide una fede cristiana che sia biblicamente radicata e non sia figlia di tradizionalismi doloristici.

[17] A. Serra, Maria e la pienezza del tempo, Paoline, Milano 1999, p. 811.


Il link ai precedenti contributi

Chiesa cattolica svizzera

https://www.catt.ch/newsi/per-conoscere-maria-dalla-bibbia-alla-vita-di-ieri-oggi-e-domani-5/