Oggi la Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni. Il commento: «Chiamati ad amare e a servire»

La Giornata Mondiale di preghiera per le Vocazioni che ricorre domenica 3 maggio, e le innumerevoli testimonianze di sacrifico e di servizio in questi giorni di lotta al coronavirus, sono due eventi che rendono più che mai attuale l’argomento della vocazione. La Giornata Mondiale di preghiera porta alla ribalta la Vocazione che tradizionalmente indica la Chiamata alla vita sacerdotale o consacrata, mentre gli eroi del coronavirus testimoniano l’universale  »vocazione al servizio».

Abbiamo oggi davanti agli occhi l’eroico spirito di abnegazione e di servizio delle tante persone che svolgono un ruolo di assistenza (sanitaria, spirituale ed economica) alle vittime di questa terribile pandemia. Medici, infermieri, forze dell’ordine, volontari, e tra questi anche molti sacerdoti e religiosi  sono in prima linea a costo della propria vita per assistere i malati, i moribondi e le loro famiglie (oltre 100 sacerdoti sono morti nella vicina Italia), altri invece partecipano in silenziosa ed intensa preghiera (pensiamo per esempio ai monasteri di Clausura). Questa è la vocazione al servizio, che già  S. Giovanni Paolo II così descriveva: «La vocazione ad amare, intesa come piena apertura e solidarietà verso il prossimo, è la forma più basilare di vocazione«.

La Vocazione al sacerdozio e alla vita consacrata è un passo radicale. E’ per questo motivo che per noi cristiani la Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni è importante, anche in questi tempi di pandemia che rendono ancora più attuale la richiesta di Gesù: «La messe è molta, ma gli operai sono pochi! Pregate dunque il padrone della messe che mandi operai nella sua messe«. Una messe che oggi è «molta», ma anche  »malata», e non solo di pandemia!

Questa Giornata è anche l’occasione per ringraziare tutti coloro che hanno risposto con generosità e coraggio alla Chiamata, scegliendo di dedicare tutta la propria vita al servizio del prossimo, seguendo le orme di Gesù Cristo, «sommo sacerdote«, che ha sacrificato la sua vita per noi. Ma dalla sua morte è nata la vita. Cristo è risorto e chiede a tutti, non solo ai sacerdoti e ai consacrati, di annunciare la Sua Resurrezione. Una Chiamata per tutti, cristiani e non cristiani, a una vita di servizio e di solidarietà, in particolare verso chi è «scartato» dalla società, come papa Francesco non si stanca mai di ricordarci. Sì, Cristo è risorto! un bel messaggio di speranza in questo tempo di coronavirus.

Papa Francesco ha intitolato il suo messaggio per la Giornata Mondiale di preghiera per le Vocazioni «Le parole della vocazione«.  Il santo Padre inizia ricordando quanto da lui scritto nell’agosto dello scorso anno ai sacerdoti in occasione dell’anniversario della morte del santo Curato d’Ars: «ho voluto offrire questa lettera ai sacerdoti, che ogni giorno spendono la vita per la chiamata che il Signore ha rivolto loro, al servizio del Popolo di Dio«, parole davvero profetiche alla luce degli avvenimenti di oggi. E aggiungeva: «ho scelto quattro parole-chiave –  dolore, gratitudine, coraggio e lode – per ringraziare i sacerdoti e sostenere il loro ministero«. Queste stesse parole, ora riprese nel suo messaggio, sono tutte estremamente significative anche alla luce degli avvenimenti di questi giorni: il dolore e il coraggio di chi ha offerto tutta la propria vita a Cristo e al prossimo, ma anche la gratitudine e la lode nella certezza di quanto da Nostro Signore promesso: «Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eternal«. Papa Francesco aggiunge la sua personale rassicurazione: «Conosco la vostra fatica, le solitudini che a volte appesantiscono il cuore, il rischio dell’abitudine che piano piano spegne il fuoco ardente della chiamata, il fardello dell’incertezza e della precarietà dei nostri tempi, la paura del futuro. Coraggio, non abbiate paura«. Per poi concludere: «Ciascuno possa scoprire con gratitudine la chiamata che Dio gli rivolge, trovare il coraggio di dire «sì», vincere la fatica nella fede in Cristo e, infine, offrire la propria vita come cantico di lode per Dio, per i fratelli e per il mondo intero«.

Emanuele Costa, Serra Club Lugano

Chiesa cattolica svizzera

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