Emma Bellotti, 92 anni, di Bioggio, racconta la sua quotidianità vissuta nella fede

«Mi manca tutto». Ti rivolge queste tre semplici parole Emma Bellotti, 93 anni, di Bioggio, quando le chiedi di raccontarti come sta vivendo questa epidemia. 40 anni senza mancare mai a una Messa, poi, a causa dell’emergenza in corso, l’improvviso divieto di partecipazione del popolo alle celebrazioni e, soprattutto, data l’età, il consiglio di non uscire che per bisogno. Emma a Bioggio fino a poco tempo la potevi incontrare principalmente lì, durante la Santa Messa che padre Juan Carlos celebrava ogni giorno: prima a dire il rosario, poi a partecipare, infine a riordinare la chiesa. Un’occasione, per lei, di fare anche una lunga passeggiata, da casa fino alla chiesa, rigorosamente a piedi, ogni giorni dell’anno. Al momento del divieto di recarsi fuori casa è come se le venisse a mancare la terra sotto i piedi: niente più altari da preparare, fiori da annaffiare, candele da accendere; una quotidianità fatta di alcuni semplici gesti che improvvisamente si sfalda. Per un anziano questo può significare molto isolamento. Ma Emma non si scoraggia e vive tutto, è il caso di dirlo, con molta fede: «Non esco di casa, non solo perché a consigliarmelo sono state le autorità cantonali, ma anche perché a dirmelo è stato il nostro parroco. Per me, dunque, prima di tutto è una questione di ubbidienza a un uomo che mi ricorda, nel suo sì al Signore, Gesù stesso». Ci vuole pazienza, anche da parte dei parroci, e Emma lo sa: «Penso spesso a loro, a cosa possa voler dire non poter più esercitare il proprio ministero in pienezza. A noi non possono nemmeno più portare la Comunione. Vivere tutto per ubbidienza è l’unica cosa che rende sopportabile il momento». A riempire questi giorni bui anche la devozione di Emma a padre Pio da Pietrelcina, che ha potuto conoscere personalmente. Ancora se lo ricorda padre Pio, quando incontrandolo per la prima volta, lo vide uscire stanco e affaticato dal confessionale nella chiesetta di San Giovanni Rotondo, dopo ore di confessioni. Oggi è proprio quel padre Pio che, anche nella pandemia, le sta accanto e la aiuta a rendere più sopportabile l’isolamento. Umanamente a Emma manca tanto anche l’incontro con i giovani missionari della Comunità Shalom, che risiedono nei locali della parrocchia. Per loro Emma è sempre stata un po’ una nonna, ma anche una mamma gentile, una presenza certa, quella mano tesa di cui sarai sempre infinitamente grato quando ti trovi – i missionari vengono dal Brasile – a migliaia di chilometri da casa. E proprio ai giovani va l’ultimo pensiero di Emma, prima di salutarci e riappendere: «È a loro che penso quando dico che la pandemia deve renderci migliori. Ci vogliono giovani più ferventi nella fede, più affezionati alla Chiesa. Ma non penso che questa pandemia sia una punizione dal Cielo. Credo, piuttosto, come ha detto di recente padre Raniero Cantalamessa, predicatore ufficiale del Vaticano, che queste cose ci possono rendere tutti più fratelli. Io, proprio seguendo questa indicazione, quando tutto sarà finito, continuerò a fare lo stesso: aiutare la gente a pregare di più».

Laura Quadri

Chiesa cattolica svizzera

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