Lettera dell'Ayatollah iraniano al Papa: uniti nel servizio

Scrive a nome di un’ampia comunità accademica sciita, l’Ayatollah iraniano Alireza Arafi, Rettore dell’Università di Qom, per ringraziare il Papa della sollecitudine mostrata per i bisognosi in tempo di emergenza sanitaria mondiale e per proporre di «intensificare» la collaborazione e lo scambio di esperienze con le istituzioni cattoliche per «creare una comunità delle religioni celesti al servizio dell’umanità». 

La lettera – pervenuta a Fides – rimarca la «sventura» della diffusione del coronavirus e le sofferenze generate nel mondo che hanno sconvolto anche studiosi e leader religiosi i quali non mancano, a Qom e in tutto l’Iran, di invocare la misericordia di Dio «per chi ha perso la propria vita e la guarigione per chi è ammalato».

I disastri, la coesione sociale e l’empatia

«Secondo la logica delle religioni rivelate», si legge nel testo riportato da Fides, «i disastri naturali sono fenomeni di allarme che mettono alla prova l’umanità», richiamano ad un approfondimento della «propria origine» e «alla possibilità di risorgere» in cui può emergere anche un fecondo spirito di empatia e dedizione. «Un approccio corretto – spiega l’Ayatollah iraniano – deve evitare contrapposizioni menzognere tra scienza e religione, e deve infondere, anche nei gruppi dirigenti, la sollecitudine a favorire la coesione sociale».

Il ruolo dei capi religiosi e teologi – sottolinea l’alto esponente sciita –  in simili circostanze è, tra l’altro ,quello di «rafforzare le fondamenta della propria fede , proteggere la società, promuovere la preghiera e le suppliche alla presenza di Dio», per affrontare insieme altre emergenze contemporanee tra cui cita, «sanzioni disumane, crisi ambientali, guerra, terrorismo, e produzione di strumenti di distruzione di massa».

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Chiesa cattolica svizzera

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