Famiglia Rezzonico: «Ogni giorno è importante scegliere ciò che dà senso e bellezza alla vita»

Siamo una famiglia numerosa (papà, mamma e sei figli) e abitiamo in una grande casa insieme ai nostri cognati. Spesso pensiamo a chi è solo e ci riteniamo fortunati di poter stare assieme, anche se ogni tanto non è scontato perché il coronavirus ha cambiato profondamente delle abitudini di vita ben radicate: la scuola, il rapporto con i nostri parenti e amici, la messa domenicale, le attività sportive ed educative. Io e mio cognato siamo insegnanti. Possiamo lavorare da casa e in parte dare il nostro contributo nella cura quotidiana dei ragazzi, aiutando le nostri mogli. È evidente che le nostre giornate hanno dovuto essere ripensate perché, paradossalmente, è quando godiamo di una totale libertà che ci accorgiamo che il pericolo di abbandonarsi all’accidia, a una vita «senza cura », è latente. Per questo motivo abbiamo affisso un cartellone all’entrata di casa ordinando il giorno secondo precisi appuntamenti: la sveglia, la colazione insieme, periodi di studio il mattino e il pomeriggio inframezzati da spazi di gioco e di svago, pranzo e cena e, soprattutto, dei momenti di convivialità dove coltiviamo le relazioni tra di noi, chiacchieriamo, recitiamo assieme il rosario, giochiamo, vediamo un film. Un’articolazione che ci permette di vivere in modo abbastanza ordinato, anche se non è sempre facile gestire questa situazione perché le età sono diverse – dai miei 54 anni ai 7 del più piccolo – con gusti ed esigenze molteplici e le frizioni sempre dietro l’angolo. Le tre figlie più grandi, ormai adolescenti, hanno bisogno di loro tempi e spazi, hanno un carico di lavoro scolastico importante, chattano con i loro amici, si tengono in forma seguendo corsi di workout in streaming; i tre più piccoli studiano meno, preferiscono la televisione, un gioco o una partita a ping pong; noi adulti abbiamo i nostri rispettivi appuntamenti professionali, oltre alla cura della famiglia. Uno spazio importante di queste settimane è la domenica mattina, quando ci riuniamo alle nove davanti alla televisione a seguire la Santa Messa celebrata da mons. Vescovo; un gesto centrale, un modo per rimanere attaccati a una normalità di vita familiare pregando insieme a tutta la Chiesa. Questo è un tempo privilegiato perché tutto si è fermato e tutto pare ripetersi; dunque può essere più semplice sorprendere la presenza di Dio in mezzo a noi, facendogli spazio, aiutando i nostri figli a coglierla. In fondo a ognuno in questi giorni è chiesto di operare una scelta: o vivacchiare, determinati da (peraltro comprensibili) preoccupazioni, lasciandosi trasportare da un monotono flusso di eventi definito sempre e comunque da quello che si vuole; oppure vivere la grazia di potere scegliere ciò che dà senso e bellezza alla vita. Un’opportunità per fermarci davvero, non solo perché siamo costretti, ma perché lo vogliamo, magari stando seduti in fondo a una chiesa deserta, come il contadino del curato d’Ars ricordato di recente da mons. vescovo («Io guardo Lui e Lui guarda me»), o pregando in famiglia le decine del Rosario per i medici e il personale sanitario, per i defunti, per chi ha bisogno. Questo è il modo in cui dovremmo vivere sempre: con una sensibilità al dramma della vita, alla sua fragilità, consapevoli che la realtà non è nelle nostre mani, ma in quelle di Dio.  

Enrico Rezzonico, docente  

Chiesa cattolica svizzera

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