Guinea, dopo l'Ebola si teme il coronavirus. La testimonianza di Chiara Gerosa

Un viaggio in Guinea per scoprire il Paese ospite della prossima campagna Missio (www.missio.ch), ma proprio nel mezzo scoppia in Svizzera l’emergenza Coronavirus. La preoccupazione di non riuscire a tornare, le notizie allarmanti provenienti dal Ticino e dalla vicina Italia, l’ultimo volo possibile per il rientro in Europa e così il ritorno a casa anticipato: è il resoconto dell’avventura di Chiara Gerosa, responsabile di Missio, la sezione svizzeroitaliana delle Pontificie Opere Missionarie in Svizzera italiana, partita per l’Africa lo scorso 7 marzo e rientrata la sera di martedì 17. A lei abbiamo rivolto alcune domande sul Paese africano e sulla pandemia in corso.

Chiara, quale progetto ti ha portata in Guinea? «Si è trattato di un viaggio per conoscere meglio il Paese, la situazione della Chiesa e della popolazione, in particolare nella diocesi di Conakry che si estende dalla capitale fino ai confini con il Mali e il Senegal».

Che Paese hai trovato? «Ho trovato un Paese dove si ride molto volentieri; spesso per rivolgersi all’altro lo si fa scherzando e ironizzando. Un Paese che però, malgrado questo, è in ginocchio e fatica ad avere una stabilità anche a causa delle elezioni rimandate più volte (l’ultima proprio il 1. marzo)».

La Guinea come ha vissuto l’epidemia di Ebola? «L’ebola si è presentata nel 2014 nella regione forestale della Guinea, a Macenta. Questa epidemia sconosciuta alla popolazione locale è stata vissuta molto male a causa delle scarse informazioni date alla popolazione. All’inizio la gente trovava difficile accettare l’origine della malattia e pensava che fosse una manovra dei politici. Proprio per questo il virus si è diffuso molto rapidamente causando molte vittime. Da un punto di vista psicologico non è stato facile; per combattere questa mentalità si sono impegnati anche i leader religiosi e i capi dei villaggi».

E ora il Governo come guarda alla pandemia di coronavirus? E la popolazione? «L’epoca dell’Ebola è stata un vero incubo: tutti i cittadini sono stati messi in quarantena, diverse frontiere sono state chiuse, il numero di morti è stato altissimo. Per evitare di vivere un tale disastro, non appena è stato annunciato il primo caso di coronavirus a Conakry, tutti hanno iniziato a prendere misure preventive contro questa pandemia. Bisogna riconoscere che, all’inizio, molti pensavano che il virus fosse lontano dall’Africa e che, di conseguenza, si trattasse di una malattia asiatica. Quando il coronavirus è arrivato in Europa, la gente in Guinea non era ancora preoccupata, ma in questi giorni si è verificato un primo contagio. Al momento, i raduni di più di 50 persone sono banditi dal governo e molte cerimonie sono annullate. Con l’esperienza dell’Ebola, credo e spero che il lavoro di sensibilizzazione per combattere il coronavirus non sarà difficile».

Silvia Guggiari

Chiesa cattolica svizzera

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