Fra Martino Dotta: «Commovente l'ondata solidale, mi preoccupa la precarietà»

«Abbiamo dovuto chiudere momentaneamente la mensa sociale al Centro Bethlehem di Lugano (091 605 30 40) e ridurre drasticamente l’orario di apertura di Casa Martini a Locarno (091 752 08 23) perché non avevamo le condizioni per garantire le misure sanitarie di protezione sia per gli ospiti che per i nostri collaboratori ». Queste sono le parole, piene di preoccupazione, di fra Martino Dotta. «Ovviamente è una misura provvisoria – continua il frate cappuccino – perché ci siamo attivati subito, con le autorità cittadine e i servizi sociali competenti per capire in che modo rispondere ai bisogni del territorio in questa nuova situazione, dettata dalla diffusione del coronavirus. Infatti già lunedì prossimo, a Lugano, riusciamo a riaprire con un servizio «take away». Le persone potranno venire a ritirare il pasto (dalle 11.00 alle 13.00) per poi consumarlo a domicilio. A Locarno invece il numero dell’utenza è minore quindi, adeguando la logistica del servizio mensa, riusciamo a servire i pasti in loco». L’invito a rimanere a casa, per evitare la diffusione del contagio, ha ridotto molto l’affluenza alle mense sociali. Inoltre alcuni gruppi nazionali, presenti nel nostro territorio ticinese, sono ritornati ai loro Paesi d’origine. Ma i bisogni non mancano, come ci conferma fra Martino: «Sono stato sollecitato da molte persone che vivono situazioni di difficoltà finanziaria, nuclei familiari che non riescono a far fronte a tutte le loro spese: affitti scoperti, spese sanitarie accresciute o non coperte dalle casse malati. Ma ciò che più preoccupa è il futuro. Con la chiusura di molte attività commerciali la gente teme la perdita del posto di lavoro o la riduzione del salario. E’ inevitabile che a corto e medio termine ci sarà un ulteriore aumento di chi si troverà nel bisogno». Fra Martino, da persona pragmatica, è del idea che è necessario fare una «mappatura» della nuova situazione di disagio, pensando non solo alle persone anziane, anche se ovviamente dobbiamo avere con loro un particolare occhio di riguardo, ma anche alle famiglie che vivono in una situazione economica precaria e che potranno in futuro trovarsi in difficoltà. «Fotografare con attenzione la realtà – prosegue il frate cappuccino – penso sia importante anche per cercare di strutturare al meglio la commovente ondata di solidarietà nella popolazione ticinese che è possibile constare in questi giorni (vedi box a lato). Ma la situazione d’emergenza si prolungherà e quindi sarà necessario anche mantenere un livello di sostegno e di solidarietà a medio e lungo termine il meglio organizzato possibile». Se la solitudine viene scelta diventa una risorsa sia sul piano umano che spirituale. Ma se viene imposta dalle contingenze legate all’età, allo stato di salute ma anche dalle esigenze attuali di limitare i contatti sociali, può diventare un peso o anche un dramma. «Penso sia importante – conclude fra Martino – sviluppare altri canali di comunicazione, di condivisione e di attenzione all’altro. Dobbiamo evitare la tendenza di ripiegarci su noi stessi, di chinarci solo sul nostro telefonino o tablet. Mi sembra necessario alzare lo sguardo per scoprire o riscoprire chi ci circonda per sperimentare che le necessità dell’altro possono essere un’opportunità di crescita sul piano umano, spirituale ma anche comunitario. Personalmente cerco di non lasciarmi prendere dalla paura e dal panico, nella consapevolezza che comunque siamo guidati e protetti da Dio e che ci chiede di essere segni della Sua presenza anche in questa situazione di confusione, di smarrimento e di emergenza sanitaria».

Federico Anzini

Chiesa cattolica svizzera

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