L'isola di Samos al collasso e l'Europa guarda altrove

«Decine di migliaia di uomini, donne e bambini disperati si stanno ammassando al confine di terra con la Grecia nella speranza di trovare libertà e sicurezza. Vengono accolti con gas lacrimogeni e proiettili di plastica. Al confine marittimo, la guardia costiera greca manda indietro i gommoni in Turchia, un bambino di 6 anni è annegato, e le richieste di asilo sono state bloccate per un mese. I «fortunati» che riescono a mettere piede su suolo greco vengono arrestati e saranno mandati indietro a breve. La Grecia sta reagendo così perché non ce la fa più». Con queste parole accorate Giulia Cicoli, giovane cooperante italiana della ONLUS «Still I Rise», fondata da Nicolò Govoni, giornalista e cooperante italiano protagonista in autunno di due puntate di Strada Regina (RSI LA1), ci racconta, in presa diretta, il dramma di cui è quotidianamente testimone sull’isola greca di Samos, sovraffollata di profughi soprattutto di guerra: siriani, curdi e afgani, come quelli che stanno arrivando in queste ore.

Giulia Cicoli, cosa sta accadendo in questo momento con l’apertura delle frontiere turche, di terra e di mare, e l’arrivo di migliaia di disperati, profughi della guerra siriana che fino a pochi giorni fa erano nei campi turchi? «Sulle isole la situazione è molto tesa. Il primo giorno sono arrivate più di 1000 persone approdate a Samos e nelle altre 4 isole. Da mesi siamo al collasso. Samos ha un campo predisposto per 648 persone ma attualmente occupato da 7500 profughi. Pensate che nella cittadina vicina ci sono meno abitanti che nel campo profughi. A Lesbos, l’altra isola tristemente nota dove è stato in visita anche il Papa, c’è un campo profughi creato per 3000 persone, che ne ospita però ben 20 mila. Davanti alla nuova emergenza la Grecia non ce la fa più. Il governo ha sospeso la possibilità di fare richiesta di asilo, per cui tutte le persone arrivate via mare o via terra in queste ore, dovrebbero essere rinviate immediatamente nel loro Paese d’origine, nei casi dove è possibile. Nello stesso tempo, la guardia costiere greca ha iniziato i respingimenti verso la Turchia: ci sono diversi video che mostrano atti di inaudita violenza».

Quante persone sono riuscite ad approdare a Samos in queste ore e cosa sarà di loro? «A Samos in queste ore ne sono sbarcate 93. I profughi sono al porto, tenuti sotto custodia della Guardia costiera. Non sappiamo dove saranno trasferiti, né se sarà possibile rimpatriarli. C’è una lista di Paesi terzi sicuri, il fatto è che se queste persone non provengono da Paesi presenti nella lista, dovrebbero tornare in Turchia… come? Non si sa. Ma la colpa non è della Grecia: qui veramente non c’è più posto».

Che impressione avete della risposta che l’Unione Europea ha dato al problema, con la decisione di destinare una somma ingente? «L’Europa si limita a dare più soldi per il controllo dei confini, senza affrontare il vero problema: la Grecia è satura. Quindi questo atteggiamento delude: ci si aspettava che avrebbero preso in considerazione una ridistribuzione equa dei migranti nei paesi dell’Unione, mentre dare soldi per difendere i confini vuol dire ammassare i profughi, senza una via d’uscita reale, né per chi scappa via terra, né per le 42 mila persone accolte in questi mesi nelle 5 isole e neppure per la Grecia stessa».

Cristina Vonzun

Chiesa cattolica svizzera

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