Nelle Beatitudini «Gesù non impone niente, ma svela la via della felicità»

Per donarsi a noi, Dio sceglie spesso delle strade «impensabili», magari quelle «dei nostri limiti, delle nostre lacrime, delle nostre sconfitte»: la gioia pasquale, di cui parlano i «fratelli» orientali, ha infatti «attraversato la morte», fatto esperienza «della potenza» del Signore, ha «le stimmate» ma è «viva». Questa la considerazione del Papa all’udienza generale di oggi in Aula Paolo VI, inaugurando un ciclo di catechesi sulle Beatitudini. Ripercorrendo il Vangelo di Matteo, Francesco riflette sul Discorso della montagna pronunciato da Gesù che, dice, ha «illuminato» la vita dei credenti e anche di «tanti» non credenti. È «difficile», dice, non essere toccati da queste parole, desiderando di capirle e accoglierle «sempre più pienamente» perché – sottolinea – contengono la «carta d’identità» del cristiano, la «nostra»: delineano infatti il «volto» di Gesù e il suo «stile» di vita.

L’annuncio delle Beatitudini

Il Pontefice spiega quindi come avvenne la proclamazione del messaggio. Gesù, vedendo le folle, sale sul «dolce» pendio che circonda il lago di Galilea, si mette a sedere e, rivolgendosi ai discepoli, annuncia le Beatitudini.

Il messaggio è indirizzato ai discepoli, ma all’orizzonte ci sono le folle, cioè tutta l’umanità. È un messaggio per tutta l’umanità.

Il «monte», prosegue il Papa, rimanda al Sinai, dove Dio diede a Mosè i Comandamenti. Questa volta, però, l’ambientazione non è quella di una «terribile tempesta», ma Francesco sottolinea come si respiri la «dolce forza» della Buona Notizia.

Gesù inizia a insegnare una nuova legge: essere poveri, essere miti, essere misericordiosi… Questi «nuovi comandamenti» sono molto più che delle norme. Infatti, Gesù non impone niente, ma svela la via della felicità – la sua via – ripetendo otto volte la parola «beati». «Beati questi, beati quelli, beati questi, beati …». Otto volte.

Ogni Beatitudine, aggiunge il Pontefice, si compone di tre parti: dapprima c’è la parola «beati»; poi la situazione in cui essi si trovano, come «la povertà di spirito, l’afflizione, la fame e la sete della giustizia»; infine c’è il «motivo» della beatitudine, introdotto dalla congiunzione «perché».

Una condizione di grazia

Per quanto riguarda il «motivo» della felicità, Gesù – mette in luce il Papa – usa spesso un futuro passivo: «saranno consolati», «riceveranno in eredità la terra», «saranno saziati», «saranno perdonati», «saranno chiamati figli di Dio». Francesco si sofferma poi sulla parola «beato«.

Il termine originale non indica uno che ha la pancia piena o se la passa bene, ma è una persona che è in una condizione di grazia, che progredisce nella grazia di Dio e che progredisce sulla strada di Dio: la pazienza, la povertà, il servizio agli altri, la consolazione … Che progredisce su quello. Questi sono felici, questi saranno beati.

Le Beatitudini, rimarca il Pontefice, portano «sempre» alla gioia, sono la «strada» che conduce ad essa.

Ci farà bene prendere il Vangelo di Matteo oggi, capitolo quinto, versetto da uno a undici e leggere le Beatitudini – forse alcune volte in più, durante la settimana – per capire questa strada tanto bella, tanto sicura della felicità che il Signore ci propone. 

I saluti ai pellegrini

Al termine dell’udienza, nei saluti nelle varie lingue, Francesco ricorda ai pellegrini polacchi che domenica, nella solennità della Presentazione del Signore, si celebra la Giornata della Vita Consacrata.

Preghiamo per le religiose e i religiosi che si dedicano a Dio e ai fratelli nel servizio quotidiano, secondo il proprio carisma, affinché siano sempre fedeli testimoni dell’amore salvifico di Cristo. Pregiamo anche per le nuove vocazioni alla vita consacrata.

Quindi, ai fedeli di lingua italiana, cita l’esempio di santità di San Giovanni Bosco:

L’esempio di santità di san Giovanni Bosco, che ricordiamo venerdì prossimo quale Padre e Maestro della gioventù, conduca soprattutto voi, cari giovani, a realizzare i vostri progetti futuri, non escludendo il piano che Dio ha su ciascuno. Preghiamo san Giovani Bosco affinché ognuno trovi la sua strada, e cioè quello che Dio vuole per noi.

Il testo ingrale della catechesi

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Iniziamo oggi una serie di catechesi sulle Beatitudini nel Vangelo di Matteo (5,1-11). Questo testo che apre il «Discorso della montagna» e che ha illuminato la vita dei credenti e anche di tanti non credenti. È difficile non essere toccati da queste parole, ed è giusto il desiderio di capirle e di accoglierle sempre più pienamente. Le Beatitudini contengono la «carta d’identità» del cristiano, (…) perché delineano il volto di Gesù stesso, il suo stile di vita. Ora inquadriamo globalmente queste parole di Gesù; nelle prossime catechesi commenteremo le singole Beatitudini.
Anzitutto è importante come avvenne la proclamazione di questo messaggio: Gesù, vedendo le folle che lo seguono, sale sul dolce pendio che circonda il lago di Galilea, si mette a sedere e, rivolgendosi ai suoi discepoli, annuncia le Beatitudini. Dunque il messaggio è indirizzato ai discepoli, ma all’orizzonte ci sono le folle, cioè tutta l’umanità.
Inoltre, il «monte» rimanda al Sinai, dove Dio diede a Mosè le «Dieci Parole». Gesù inizia a insegnare una nuova legge: essere poveri, essere miti, essere misericordiosi… Questi «nuovi comandamenti» sono molto più che delle norme. Infatti, Gesù non impone niente, ma svela la via della felicità – la sua via – ripetendo otto volte la parola «beati». (…)
Ogni Beatitudine si compone di tre parti. Dapprima c’è sempre la parola «beati»; poi viene la situazione in cui si trovano i beati: la povertà in spirito, l’afflizione, la fame e la sete della giustizia, e via dicendo; infine c’è il motivo della beatitudine, introdotto dalla congiunzione «perché». (…)
Facciamo attenzione a questo fatto: il motivo della beatitudine non è la situazione attuale, ma la nuova condizione che i beati ricevono in dono da Dio: «perché di essi è il regno dei cieli», «perché saranno consolati», «perché erediteranno la terra», e così via.
Nel terzo elemento, che è appunto il motivo della felicità, Gesù usa spesso un futuro passivo: «saranno consolati», «riceveranno in eredità la terra», «saranno saziati», «saranno perdonati», «saranno chiamati figli di Dio». (…)
Ma cosa vuol dire la parola «beato»? Il termine originale greco makarios non indica uno che ha la pancia piena o se la passa bene, ma è una persona che è in una condizione di grazia, che progredisce nella grazia di Dio (…).
Dio, per donarsi a noi, sceglie spesso delle strade impensabili, magari quelle dei nostri limiti, delle nostre lacrime, delle nostre sconfitte. È la gioia pasquale, di cui parlano i fratelli orientali, quella che ha le stimmate ma è viva, ha attraversato la morte e ha fatto esperienza della potenza di Dio. Grazie.

Chiesa cattolica svizzera

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