Il Papa ai diplomatici: «Alimentiamo la speranza, nonostante le tensioni»

Anche se il nuovo anno si apre con tensioni e violenze, innanzitutto mai dimenticare la speranza. Con «realismo», ma bisogna sperare sempre. E dopo queste parole di incoraggiamento «universale» papa Francesco invoca dialogo, autocontrollo e legalità fra Iran e Usa, oltre che l’impegno per scongiurare un conflitto di più vasta scala. L’occasione è il tradizionale discorso al corpo diplomatico presso la Santa Sede, ricevuto questa mattina, 9 gennaio 2019. È l’appuntamento che diviene strumento di decifrazione della geopolitica vaticana, in cui il Pontefice getta uno sguardo sulle problematiche e le tensioni del mondo. Nell’intervento di circa 40 minuti, accolto con un caloroso applauso dei presenti che si alzano in piedi, il Vescovo di Roma riflette sui profughi: servono «soluzioni durature», il Mediterraneo è un «cimitero»; le crisi in Yemen e Libia, che sono «terreno» per la «piaga» dei traffici di persone. Ribadisce la necessità di «sostenere il processo di pace in Terra Santa». Esprime l’apprezzamento per l’impegno dei giovani nella sensibilizzazione «sui cambiamenti climatici». Per Bergoglio, l’Ue resta garanzia di sviluppo, ma non deve perdere «il senso di solidarietà e la Caritas cristiana». Dice un forte «no» ai linguaggi d’odio sul web e nei media. Evidenzia che sugli abusi sessuali del clero la linea è tracciata nel segno della collaborazione con le autorità civili.

Sono 183 gli Stati che attualmente intrattengono relazioni diplomatiche con la Santa Sede, a cui si aggiungono l’Unione europea (Ue) e il Sovrano militare Ordine di Malta. Le cancellerie di ambasciata con sede a Roma, incluse quelle dell’Ue e dell’Ordine di Malta, sono 89. Hanno sede a Roma anche gli uffici della Lega degli Stati Arabi, dell’Organizzazione internazionale per le Migrazioni e dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati. 

Un nuovo anno si apre «dinanzi a noi e – esordisce il Vescovo di Roma – come il vagito di un bimbo appena nato, ci invita alla gioia e ad assumere un atteggiamento di speranza». Il Papa desidera che questa parola – speranza – «che per i cristiani è una virtù fondamentale, animasse lo sguardo con cui ci addentriamo nel tempo che ci attende». Certamente, «sperare esige realismo – è consapevole Francesco – Esige la consapevolezza delle numerose questioni che affliggono la nostra epoca e delle sfide all’orizzonte. Esige che si chiamino i problemi per nome e che si abbia il coraggio di affrontarli. Esige di non dimenticare che la comunità umana porta i segni e le ferite delle guerre succedutesi nel tempo, con crescente capacità distruttiva, e che non cessano di colpire specialmente i più poveri e i più deboli». 

E l’anno 2020 «non sembra essere costellato da segni incoraggianti, quanto piuttosto da un inasprirsi di tensioni e violenze». 

Ma per Francesco è «proprio alla luce di queste circostanze che non possiamo smettere di sperare. E sperare esige coraggio. Esige la consapevolezza che il male, la sofferenza e la morte non prevarranno e che anche le questioni più complesse possono e devono essere affrontate e risolte». La speranza «è la virtù che ci mette in cammino, ci dà le ali per andare avanti, perfino quando gli ostacoli sembrano insormontabili». 

Jorge Mario Bergoglio ricorda che la pace e «lo sviluppo umano integrale sono l’obiettivo principale della Santa Sede nell’ambito del suo impegno diplomatico». 

Francesco evidenzia che «anche i Viaggi Apostolici, oltre che essere una via privilegiata attraverso la quale il Successore dell’Apostolo Pietro conferma i fratelli nella fede, sono un’occasione per favorire il dialogo a livello politico e religioso. Nel 2019 ho avuto l’opportunità di visitare diverse realtà significative». E le ripercorre tutte nel suo denso intervento. 

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Qui il testo integrale del discorso di papa Francesco.

Sul discorso del Papa di questa mattina consigliamo anche l’editoriale del vaticanista Andrea Tornielli.

Chiesa cattolica svizzera

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