Don Mino, Vescovo di frontiera ed educatore per vocazione. Il commento di Lorenzo Planzi

Raccontare la storia del vescovo Pier Giacomo Grampa, non è facile impresa. Quel che è certo è che, da sessant’anni, don Mino è e rimane un prete unico nel suo genere, anzi speciale. In vita sua mai hai pensato di fare, essere qualcosa di diverso dal prete. Nato a Busto Arsizio nel 1936, trova la vocazione nel clima intenso della parrocchia, ma anche nell’esperienza del Collegio, dove entra a nove anni, per non lasciarlo più sino ai 67, quando è chiamato ad essere vescovo di Lugano.
Atipico è il percorso del seminarista Grampa: il suo carattere libero e forte, ma soprattutto lo Spirito, lo conduce da Milano a Lugano, ad Innsbruck, dove consegue la licenza in teologia. Ordinato prete è il 6 dicembre 1959, nella chiesa di San Nicolao a Besso. Il terreno di missione al quale è chiamato è quello dell’educazione, dapprima quale docente nel Collegio Pio XII di Lucino e dal 1965 quale vicerettore al Papio di Ascona. Mentre dal 1975 diviene, per quattro anni, parroco in Vallemaggia, ad Aurigeno e Moghegno, aiutando queste comunità rurali a recuperare il ritardo nell’aggiornamento del Vaticano II. Ma i suoi studenti asconesi non vogliono lasciar partire don Mino. In una lettera alla curia reclamano il suo ritorno ad Ascona: «Sul piano umano l’attuale vicerettore sembra il più adatto ad adempiere al difficile compito del discorso con i discepoli, della conciliazione tra gli ordinamenti rigidi dello Istituto e le esigenze di una turbolenta gioventù moderna».
Al Collegio Papio don Mino fa ritorno, quale rettore, dal 1979 al 2003. È il rettorato più lungo nella storia. Dopo San Carlo Borromeo, don Grampa è il secondo architetto del Collegio, quale promotore della costruzione della nuova ala, inaugurata nel 1995. Dalla riforme scolastiche ai rapporti istituzionali, il comune denominatore del suo lavoro educativo è il suo essere, fino al midollo, prete umanista. Un padre diventa don Mino per le migliaia di studenti, che aumentano da 240 a 450, ovvero il record assoluto di allievi nei secoli. Dal 1996 don Mino è nel contempo arciprete di Ascona, sino a dicembre 2003, quando è chiamato alla guida della Chiesa che è a Lugano – scegliendo quale motto episcopale Patiens in adversis – sino al 2013. Anche da vescovo emerito don Mino accompagna la grandezza e la piccolezza dell’uomo, celebra battesimi, matrimoni, feste patronali, è catechista per i bambini di Loverciano, accompagna i fedeli alla vita eterna.
Un profilo atipico, anzi speciale, quello di don Mino, che lo avvicina a quello di un Papa speciale, Francesco. I due sono accomunati dall’età, dall’esperienza quale docenti, ma anche dall’essere lettori del mondo, cioè ricercatori dello stupore e del senso che giunge attraverso l’altro. Don Mino, come Francesco, rimane maestro di dissidenza verso una cultura dominante acritica e piegata a logiche disuman
e, non temendo di farsi nemici per annunciare il Vangelo. Don Mino, come Francesco, è e rimane un vescovo di frontiera, vicino ai lontani, pastore dell’abbraccio e della tenerezza di Dio.

Lorenzo Planzi, storico e ricercatore

Chiesa cattolica svizzera

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