Rimanere fedeli oltre le ferite grazie alla comunità cristiana. Intervista a mons. Camisasca

Oggi alle 9.30, al Collegio diocesano Pio XII di Lucino, la pastorale della famiglia della diocesi di Lugano riflette sulla collaborazione che può esserci, o dovrebbe esserci, tra sposi e pastori nella comunità cristiana. È tempo che la famiglia diventi realmente «soggetto» e quindi protagonista all’interno di un progetto pastorale diocesano e parrocchiale sostiene don Willy Volonté, delegato vescovile per la pastorale familiare. Relatori di questo incontro sono il nostro vescovo mons. Valerio Lazzeri, mons. Renzo Bonetti, fondatore del progetto per la famiglia «Mistero Grande» e il vescovo di Reggio Emilia, mons. Massimo Camisasca. A quest’ultimo abbiamo rivolto alcune domande.

Mons. Camisasca, molte coppie non scelgono la via del matrimonio (non solo religioso) preferendo ad esso una convivenza. Taluni invece fanno anticipare la convivenza, anche lunga, come periodo precedente il matrimonio. Quali forme di accoglienza una pastorale famigliare può e deve pensare, a partire da Amoris laetitia e dal magistero di papa Francesco, nei confronti di queste scelte di vita?

Anche in Italia le convivenze sono numerose. Ai corsi di preparazione al matrimonio nelle parrocchie costituiscono la maggioranza dei presenti. Abbiamo così una realtà che può essere letta da due punti di vista: da una parte la scelta della convivenza esprime una paura verso il futuro, verso l’altro, verso la stabilità – si tratta della paura che qualche avvenimento imprevisto entri a scombussolare tutto; dall’altra, alcune coppie riescono ad entrare nella speranza, cioè nel desiderio che il presente abbia un peso e un senso, e si aprono alla prospettiva del matrimonio sacramentale, perché riconoscono che senza Dio non c’è possibilità di fedeltà e di futuro. La nostra pastorale familiare deve perciò aiutare a riscoprire il fondamento della speranza, come essa agisce concretamente nella vita di tutti i giorni e perché essa è necessaria in qualunque circostanza dell’esistenza.

Ci sono oggi molte coppie in seconda unione. Anche in questo senso, in che modo possiamo essere Chiesa accogliente nello stile di Amoris laetitia pensando a dei percorsi adeguati a coloro, che per ragioni diverse, hanno alle spalle un primo matrimonio e ora vivono la situazione di una  seconda unione?

Purtroppo i divorzi sono in grande aumento, e così le seconde e le terze unioni. Per la maggioranza dei casi, il divorzio costituisce anche, di fatto, una ragione di allontanamento dalla pratica cristiana. Forse ci si sente colpevoli, forse semplicemente si ha paura del giudizio degli altri, forse vengono meno dei rapporti che si ritenevano solidi. In questo caso è fondamentale l’iniziativa dei fedeli che sono amici, vicini di casa o parenti di queste coppie. Spetta a loro il compito di aiutare queste persone in difficoltà a riscoprire il senso del battesimo ricevuto. Essi rimangono fedeli cristiani a tutti gli effetti. Possono e devono vivere la preghiera, la carità, la meditazione, affidando a Dio, in un sincero pentimento, quanto di male possono aver compiuto. Sono chiamati a perdonare il male ricevuto, impegnandosi nell’educazione dei figli, in una vita capace, attraverso la purificazione della memoria, di guardare al passato senza lasciarsi condannare da esso.

Il magistero di Papa Francesco, e degli ultimi papi, invita la Chiesa a considerare la famiglia soggetto della pastorale. Quale posto hanno oggi le coppie di sposi nella sua diocesi? Come potrebbero essere coinvolte più attivamente?

Sto svolgendo la visita pastorale nella mia diocesi. In ogni parrocchia stabilisco due obiettivi: la nascita o il consolidamento della pastorale giovanile e la nascita di almeno una comunità di giovani famiglie. La testimonianza più grande della bellezza di una famiglia cristiana può avvenire soltanto dalle famiglie stesse, ma non da famiglie isolate. Abbiamo bisogno di soggetti che si riconoscano membra dell’unica Chiesa e che stabiliscano, certo secondo modalità differenti, nessi di comunione vissuta e di condivisione e di aiuto reciproco, soprattutto per quanto riguarda gli aspetti più importanti della vita famigliare: scelta del lavoro, stile di vita, educazione dei figli, uso dei beni…

Recentemente la commissione diocesana per la pastorale della famiglia di Lugano ha realizzato un sussidio dal titolo «Due in una sola carne» per accompagnare i fidanzati al sacramento delle nozze. Come è organizzata nella sua diocesi la pastorale dei fidanzati? Quali sono i punti essenziali di questo cammino?

Ci sono iniziative di stile diverso, che preparano tutte a un incontro annuale con il vescovo, il giorno di san Valentino. L’educazione dei fidanzati si concentra oggi soprattutto sull’educazione all’affettività vera, alla scoperta della persona, del corpo e dello spirito dell’altro, delle dimensioni fondamentali della vita umana (coraggio, forza, pazienza, perdono…) e della vita cristiana (fede, speranza e carità). Queste sono le strade attraverso le quali i cuori dei fidanzati possono aprirsi alla conoscenza della grazia del sacramento.

Federico Anzini

Chiesa cattolica svizzera

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