Libano: madri cristiane e musulmane disinnescano la violenza

Un gruppo di madri cristiane e musulmane dei due quartieri di Chiyah (sciita) ed Ain el Remmeneh (cristiano) a Beirut sono scese in piazza insieme il 27 novembre gridando: «Mio figlio non deve morire per nessuno», «Siamo fratelli e sorelle di due religioni, ma con la stessa sorte», «No a chi vuole la guerra civile».

Il timore di una nuova guerra intestina sta infatti emergendo mentre si moltiplicano qua e là segnali di scontri di sapore confessionale o partitico, che spezzano l’unità che il popolo libanese ha testimoniato negli ultimi 40 giorni di manifestazioni. Le madri cristiane e musulmane sono scese in piazza perché la notte prima a Ain el Ramenneh vi è stato uno scontro durato appena 10 minuti fra sciiti e membri delle Forze Libanesi cristiane di Samir Geagea.  Ain el Remenneh è un quartiere tristemente famoso: nell’aprile del 1975, i falangisti uccisero i passeggeri palestinesi di un autobus, facendo scoccare la scintilla della guerra civile durata 15 anni.

Alcuni scontri sono avvenuti perché, nonostante il divieto dell’esercito, gruppi di manifestanti hanno cercato di bloccare le strade. Due giorni fa, dimostranti hanno bloccato il Ring nel centro di Beirut, e alcuni motociclisti sciiti hanno cercato di forzare il blocco. Ancora a Jiye, nel sud, un’auto con tre sciiti hanno cercato di forzare un blocco e non è chiaro se per «incidente» o per «lancio di molotov»  due passeggeri dell’auto sono morti arsi vivi.

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