Ecosostenibile, inclusiva e green: ai giovani l’economia piace così. Intervista a suor Alessandra Smerilli

«L’economia civile non si oppone  ad altri modelli economici ma piuttosto  si colloca a monte di questi per  affermare che l’economia c’è solo se  si costruisce la civiltà, altrimenti non  la si può chiamare veramente «economia» ». A spiegarci questi concetti  è una suora che è anche docente ordinario  di Economia Politica in  un’università Pontificia e riveste un  ruolo importante in Vaticano (vedi sotto). Suor Alessandra Smerilli  interviene con altri oggi, 23 novembre  a Breganzona in un evento che  inizia alle 9.30 nella chiesa della Trasfigurazione,  organizzato dal circolo  ACLI di Lugano, in collaborazione  con Sacrificio Quaresimale, Alliance  Sud e l’Associazione Biblica della  Svizzera italiana. 

Suor Alessandra, lei espone a  Breganzona il tema «È civile o non  è economia», un tema che fa pensare  ad un «aut aut», all’esclusione  di altri modelli economici…  «Il titolo dell’incontro di Breganzona  non vuole dare ragione di una  scuola di pensiero particolare o di  una tradizione economica. È un titolo  un po’ provocatorio per dire che  oggi, guardando a quello che sta capitando  all’ambiente, ai cambiamenti  climatici, alle disuguaglianze  sociali che sono in aumento e ad  un’economia composta da tanti attori  (consumatori, risparmiatori,  imprenditori, il sistema finanziario)  il messaggio è: o tutti si  lavora per costruire la  civiltà o questa non  possiamo chiamarla  veramente economia,  cioè «gestione della  casa»». 

Quali sono allora  gli accenti dell’economia  civile, in rapporto ad esempio  all’economia capitalista, che è  il modello attuale?  «Un tempo era facile identificare il  capitale, il lavoro e via dicendo. Oggi  quando si parla di capitale cosa si intende?  Il capitale finanziario, il capitale  umano, il capitale naturale, il capitale  relazionale? Quando parliamo  di un sistema economico capitalista  dobbiamo coglierlo in modo ampio  e capire quali sono i capitali che vanno  rigenerati attraverso l’economia.  Quello che oggi è importante riconoscere  è che ci siamo abituati a misurare  l’economia nei suoi flussi più  che negli stock di capitali: noi misuriamo  il reddito, la crescita annuale,  quindi i flussi e non i capitali. Siamo  in un momento storico (e faccio riferimento  ad alcuni autori  come il francese  Thomas Piketty o il  premio nobel per  l’economia Angus  Deaton) in cui il possesso  di capitali che si  concentra sempre più  nelle mani di poche  persone, sta generando  aumenti di rendite a scapito della  produzione: questo, a mio modo di  vedere, è il problema più grosso dei  modelli economici odierni. Un tempo,  chi invocava modelli alternativi  all’economia vigente combatteva il  profitto, oggi si combatte un fare denaro  attraverso il denaro, senza investimenti  concreti nella produzione e  nel lavoro. Il profitto è un bene, bisogna  capire come ottenerlo e gestirlo». 

Uno dei capisaldi dell’economia  civile è l’idea della relazionalità. In  che senso?  «C’è un po’ un mantra in voga oggi:  tutto quello che non viene visto  attraverso le lenti della politica economica  viene distrutto. Non abbiamo  visto per lungo tempo la terra  che era sparita dai modelli economici.  All’inizio  dell’800, quando  l’economia si è sviluppata  come scienza, tra  i fattori di produzione  avevamo «terra, capitale,  lavoro». Ma poi si  è pensato che la terra  fosse una risorsa eterna  e non limitata, così  le risorse naturali sono sparite dai  modelli economici. La conseguenza  si vede oggi a livello di crisi  dell’ambiente. In contemporanea  con questo processo, la teoria economica  si è sviluppata sulle scelte  dell’individuo, a scapito della relazione:  questo è un problema perché  quello che non si vede, lo si distrugge.  Le principali indagini sulle qualità  della vita che vorrebbero considerare  gli aspetti relazionali, misurano  solo tutto quello che passa per  il mercato: ad esempio, quanti sono  i biglietti spesi per il cinema o il teatro,  ma non si misura come elemento  relazionale utile a darci risposte  sulla qualità della vita un incontro  piacevole e spontaneo di persone  che si ritrovano per trascorre un  momento insieme in  una piazza, fuori da  ogni attività commerciale». 

Oggi la green economy  (l’economia  ecologica) sta diventando  sempre più  un’economia di punta.  Pensa che questa tendenza sia  irreversibile?  «Lo sviluppo è notevole. Mi pare  che stiamo per raggiungere la massa  critica di questa nuova rivoluzione.  Fino ad un certo tempo fa le imprese  mettevano in atto una maggiore  resistenza alla economia verde,  anche a causa dei costi di transizione,  ma quando le imprese, soprattutto  le grandi corporation e anche il sistema finanziario hanno  capito che il processo sta diventando  irreversibile e soprattutto che è  guidato dalle nuove generazioni  che sono il futuro, hanno accelerato  in direzione del cambiamento. Si  sta misurando il rischio climatico  sui costi delle materie prime, quindi  in modo massiccio le imprese  stanno cominciando a lavorare su  questo fronte. Questo produrrà un  cambiamento imprenditoriale  sempre più rapido, perché chi resta  indietro, rimane fuori dal mercato». 

Suor Alessandra Smerilli, la religiosa Consigliere di Stato della Città del Vaticano

Suor Alessandra Smerilli, 44  anni, religiosa Figlia di Maria  Ausiliatrice è PhD in Economics  presso la School of Economics  della East Anglia University  (UK) ed insegna Economia Politica  alla Facoltà «Auxilium» di  Roma. Il 17 aprile 2019 è stata  resa pubblica la nomina che il  Papa le ha conferito a Consigliere  di Stato della Città del Vaticano,  una figura istituzionale  che presta assistenza con altri  consiglieri nell’elaborazione  delle leggi vaticane e in altre  materie di particolare importanza.  La domanda con lei sorge  spontanea: come mai una  suora si occupa di economia?  «Rispondo sempre a questa domanda  – spiega sr. Alessandra  – dicendo che se Dio ha tanto  amato il mondo da farsi uomo  ed ha condiviso tutto, non vedo  perché io non debba condividere  anche l’interesse per i problemi  sociali ed economici ed il desiderio  di fare qualcosa in tal  senso. Però, come ricorda sempre  papa Francesco, l’atteggiamento  non deve essere solo  quello di un’opera sociale, perché  non è il senso con cui un cristiano  si occupa di economia,  ma si deve mettere la persona al  centro e affermare che la testimonianza  dell’amore di Dio  passa anche attraverso le nostre  scelte economiche, i nostri risparmi,  i nostri consumi: tutto  può essere una testimonianza  evangelica». 

Cristina Vonzun

Chiesa cattolica svizzera

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