Centenario di Chiara Lubich: il suo carisma ha ancora tanto da dire al mondo

Tutto è pronto in attesa del 7 dicembre prossimo quando apriranno le porte della mostra internazionale «Chiara Lubich Città Mondo» che a Trento inaugurerà un intero anno di celebrazioni nazionali e internazionali dedicate al centenario della nascita della fondatrice (1920-2008) del Movimento dei Focolari. Se ne è parlato alla conferenza stampa Chiara Lubich 1920-2020, che si è tenuta oggi presso la Sala Stampa Estera a Roma. Tra gli ospiti, oltre alla presenza di Maria Voce, presidente del Movimento dei Focolari dal 2008, Andrea Riccardi, il fondatore della Comunità di Sant’Egidio, Giuseppe Ferrandi, direttore del Museo storico del Trentino e i curatori della mostra internazionale, oltre all’autore del libro di prossima pubblicazione «Chiara Lubich, la via dell’unità tra storia e profezia» – Città Nuova Edizioni.

Due tunnel per una mostra
Con il termine inglese location, tanto di moda oggi, si intende, più semplicemente il luogo o i luoghi in cui si svolge un evento e, quelli scelti per la mostra internazionale «Chiara Lubich Città Mondo», sono La Galleria Bianca e La Galleria Nera di Trento: due ex tunnel stradali che, dall’ottobre del 2007, sono stati riconvertiti in spazio dedicato principalmente alla storia e alla memoria. Come sottolinea il direttore della Fondazione Museo storico del Trentino, Giuseppe Ferrandi, è la prima volta che si è deciso di realizzare una mostra biografica dedicata a Chiara con l’obiettivo di far conoscere la sua storia e il suo messaggio «ma senza trasformarla in un santino». L’antidoto a questo rischio, prosegue Ferrandi, «è lavorare sul contesto e sull’orizzonte verso cui le parole, le esperienze e le scelte di Chiara maturavano». Aver deciso di allestire la mostra all’interno di due ex gallerie stradali rappresenta, inoltre, la possibilità di dare al progetto un valore aggiunto: «quando le Gallerie furono costruite – spiega il direttore – crearono grande tensione all’interno delle comunità, che vissero la realizzazione dei tunnel come un’espropriazione. Abbiamo dunque pensato – prosegue – che riempire di contenuti e di senso questi due luoghi così poveri e laceranti, poteva dare un valore aggiunto rispetto ad un luogo più adatto alle grandi esposizioni, o più elegante».

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