Il Papa per la Giornata mondiale dei poveri: «È la carità a definire il cristiano»

Un mondo dominato dalla cultura dello scarto deve essere in grado di ascoltare il grido che sale dai poveri. Il Papa lo ha sottolineato nella Basilica di San Pietro in occasione della terza Giornata Mondiale dei Poveri che cade quest’anno il 17 novembre. «I poveri sono preziosi agli occhi di Dio perché non parlano la lingua dell’io: non si sostengono da soli, con le proprie forze, hanno bisogno di chi li prenda per mano», ha ricordato Francesco. «Ci ricordano che il Vangelo si vive così, come mendicanti protesi verso Dio. La presenza dei poveri ci riporta al clima del Vangelo, dove sono beati i poveri in spirito». Allora, «anzichè’ provare fastidio quando li sentiamo bussare alle nostre porte, possiamo accogliere il loro grido di aiuto come una chiamata a uscire dal nostro io, ad accoglierli con lo stesso sguardo di amore che Dio ha per loro».

«Io, cristiano, ho almeno un povero per amico?», si è chiesto ad alta voce Francesco ricordando che «i poveri ci facilitano l’accesso al Cielo: per questo il senso della fede del Popolo di Dio li ha visti come i portinai del Cielo. Già da ora sono il nostro tesoro, il tesoro della Chiesa. Ci dischiudono infatti la ricchezza che non invecchia mai, quella che congiunge terra e Cielo e per la quale vale veramente la pena vivere: l’amore».

Al contrario , ha messo in guardia Francesco, «›molti verranno nel mio nome’, dice il Signore, ma non sono da seguire: non basta l’etichetta ›cristiano’ o ›cattolico’ per essere di Gesù. Bisogna parlare la stessa lingua di Gesù, quella dell’amore, la lingua del tu. Parla la lingua di Gesù non chi dice io, ma chi esce dal proprio io. Eppure, quante volte, anche nel fare il bene, regna l’ipocrisia dell’io: faccio del bene ma per esser ritenuto bravo; dono, ma per ricevere a mia volta; aiuto, ma per attirarmi l’amicizia di quella persona importante. Così parla la lingua dell’io. La Parola di Dio – ha concluso il Pontefice – spinge a una carità non ipocrita, a dare a chi non ha da restituirci, a servire senza cercare ricompense e contraccambi».

fonte:agenzie/red

Chiesa cattolica svizzera

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