XXXIII Domenica del Tempo ordinario: commento al Vangelo

Calendario romano: Luca 21,5-19

Quando arriverà l’ultimo giorno, saremo già salvi

Il brano del Vangelo domenicale di questa settimana è uno dei sermoni profetici più densi di significato del Nuovo testamento. Il profondo valore escatologico (dal greco escatòs, ultimo: relativo quindi ai destini dell’umanità e del mondo) sarà di ispirazione per molte altre rivelazioni, tra cui quelle contenute nell’Apocalisse. Anche se non è proprio il Monte degli Ulivi, il sacro monte su cui si erge il Santuario della Madonna del Sasso, sopra Locarno, è comunque un luogo mistico, di grande ispirazione. Da qui padre Paolo Corradi con Dante Balbo commenta un passo noto del testo di Luca per la puntata de «Il Vangelo in Casa». Mentre le telecamere di Caritas Ticino indugiano sul panorama del lago Maggiore, il francescano non ha dubbi sull’importanza delle parole di Gesù ai discepoli: «Il Messia li esorta a leggere bene i segnali che arriveranno. Se alcuni potrebbero simboleggiare la fine, altri invece saranno forieri di un nuovo inizio. Noi cristiani non siamo profeti di sventure: la parola di Dio è sempre una parola di speranza». Dante Balbo osserva che, tutto sommato, le parole di Gesù hanno comunque un sapore di inevitabilità, e che quegli accadimenti (il cui impatto sui discepoli è evidentemente amplificato dal linguaggio «apocalittico» di Gesù) appartengono (o apparterranno) alla storia della Terra e dei suoi abitanti. «Tutto questo» continua padre Corradi «deve essere di esortazione per vivere la nostra vita da testimoni di questo nuovo mondo. E oggi è legittimo chiederci se lo stiamo facendo; e in quel caso se lo stiamo facendo nel modo giusto. In concreto, nelle situazioni che viviamo ogni giorno, come ci rapportiamo con il potere, il denaro, o con il nostro prossimo? ».

Cristiano Proia, dalla rubrica televisiva Il Vangelo in casa di Caritas Ticino a cura di Dante Balbo, con padre Paolo Corradi, in onda su TeleTicino e online su YouTube

Calendario ambrosiano: Matteo 24,1-31

Andiamo verso la fine o il fine?

Con questa domenica inizia un nuovo anno secondo il calendario della Chiesa ambrosiana. La pagina evangelica annuncia a tinte fosche la fine del tempo e la fine del mondo: verranno meno le opere dell’uomo a cominciare dal grandioso Tempio di Gerusalemme: «Non rimarrà pietra su pietra»! Dobbiamo lasciarci istruire da questo appello a vivere la precarietà del tempo, il nostro inesorabile andare verso la fine. Non siamo onnipotenti, non siamo padroni né del nostro vivere né del nostro morire, come non siamo padroni di questo mondo nel quale stiamo da inquilini. Ma come vivere nell’attesa della fine? A San Luigi Gonzaga (1568- 1591), ragazzo, chiesero come si sarebbe comportato se quello che stava vivendo fosse stato il suo ultimo giorno: «continuerei a giocare». Una risposta solo apparentemente ovvia. Andiamo verso la fine ma non cediamo al disfattismo, non smettiamo di giocare con i nostri figli, non smettiamo di lavorare per il futuro. Ma in verità non andiamo solo verso la fine ma, come ci ricordano le ultime parole dell’Evangelo di oggi, andiamo incontro a qualcuno che viene verso di noi, verso Colui che è il fine, il termine, il senso del nostro vivere. Pur segnati dalla precarietà i nostri giorni non sono una vicenda insensata e il nostro tempo non scandisce solo l’inesorabile andare alla fine. Il nostro orizzonte non è sinistramente fosco e catastrofico. Incominciamo a vivere un’attesa, attesa di un Avvento, di una venuta. Credo che il momento più bello di un incontro sia quando si salgono le scale, per raggiungerlo. Iniziamo oggi il nostro Avvento, andiamo passo dopo passo, gradino dopo gradino verso il Signore che viene. È bello salire le scale perché ogni gradino ci porta più vicini alla persona che amiamo. È bello vivere questo tempo di Avvento perché giorno dopo giorno andiamo al Natale di Gesù. E potremo stringerlo tra le braccia.

Don Giuseppe Grampa

Chiesa cattolica svizzera

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