Quando tradurre la Bibbia riserva delle sorprese

La Bibbia è tra i libri più letti al mondo e anche più tradotti. Don Mauro Orsatti, docente di esegesi biblica presso la Facoltà di teologia di Lugano ci introduce al difficile tema della traduzione del testo sacro.

Professor Orsatti, quali sono i vantaggi di un confronto tra il testo biblico tradotto e l’originale? Quali sorprese può riservare questo tipo di approccio? È utile alla fede?
«Il vantaggio del confronto con il testo originale può essere prezioso e vantaggioso. Compreso nel giusto senso il detto che «ogni traduttore è un traditore», la traduzione non rende mai perfettamente le nuances dell’originale. Santa Teresa di Gesù Bambino disse un giorno che se fosse stata un prete, avrebbe studiato a fondo il greco (lingua originale del Nuovo Testamento) e l’ebraico (Antico Testamento) per capire bene come Dio si era espresso parlando con gli uomini. Sappiamo che morì a 24 e non studiò mai quelle lingue. Divenne santa e dottore della Chiesa! Cito questo ai miei studenti per consolarli, però insisto nel dire che qualche volta il riferimento al testo originale aiuta e non poco. Lo possono documentare seguendo le mie lezioni».

«Un esempio. Un attributo dello Spirito Santo è quello di paraclito, Nella precedente traduzione ufficiale italiana era abitualmente tradotto con CONSOLATORE e una volta come AVVOCATO (1Gv 2,1). Traduzioni non errate, ma parziali. Oggi la nuova traduzione in realtà non lo traduce, ma lo trascrive, cioè mette i caratteri latini alla parola greca che letteralmente significa «presso/vicino/accanto» (para) e «chiamato» (clito). Si tratta di una persona chiamata per stare vicino: a volte c’è un contesto di accusa e allora «avvocato» è meglio, altre volte il contesto è di depressione, disorientamento, incertezza e allora la traduzione migliore è «consolatore». La scelta di uno dei due termini, esclude automaticamente l’altro. Lasciando Paraclito c’è il rischio di non capire la parola, ma forse arriva l’occasione di spiegarla nella sua completezza. Ecco un esempio che aiuta a capire come l’originale offra una comprensione migliore».

Come interpretare una traduzione che, delle volte, non sembra fedele all’originale?
«Ci sono traduzioni che preferiscono attenersi all’originale, sono più fedeli letteralmente, ma rischiano di disorientare il lettore. Un esempio. La lingua ebraica non ha il verbo «preferire» e per esprimere questo stato, in alcuni casi usa il verbo «odiare»: «Io amo A e odio B» significa, secondo il contesto, che preferisco A a B. Quando Gesù dice: «Chi non odia il padre e la madre non è degno di me…» non chiede l’odio, lui che è amore e che ha sempre valorizzato il decalogo, compreso il comandamento IV di amare i genitori. Semplicemente richiede un amore totale, perché con lui al centro, c’è spazio e tempo per tutti gli altri. Alcune traduzioni riportano «odiare» con una nota che spiega, altre traducono subito «preferire»«.

Qual è il modo migliore per rendere attuale il testo biblico?
«La Bibbia è Parola di Dio ma anche un testo letterario che si esprime in una lingua che riflette una cultura e modi di espressione propri. Da qui la necessità di un po’ di studio, senza la necessità di diventare specialisti e affidandosi un po’ anche allo Spirito Santo. Una persona di cultura e lingua italiana capisce l’espressione: «E’ stato un quarantotto», perché conosce la storia italiana con le guerre di indipendenza del 1848 che hanno visto l’Italia ribollire di insurrezioni e guerre. Ma per chi non è di cultura italiana, l’espressione risulta sibillina. Gli esempi si potrebbero moltiplicare, senza aggiungere nulla al concetto di base. Il discorso è analogo per qualsiasi opera letteraria. Sarà difficile capire la Divina commedia di Dante o le opere di Shakespeare, senza conoscere la lingua, la storia e la cultura del tempo in cui vissero gli autori».

L.Q.

Chiesa cattolica svizzera

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