Thailandia e Giappone: in attesa di Papa Francesco

Thailandia e Giappone, le tappe del viaggio apostolico di Papa Francesco che inizierà il prossimo 19 novembre e durerà otto giorni, sono due nazioni molto diverse tra loro ma con una caratteristica comune: il desiderio ardente di accogliere ed abbracciare il Santo Padre nonostante la presenza cattolica sia, in tutti e due i casi, una netta minoranza. Bangkok, capitale thailandese, dove il Papa atterrerà il giorno dopo la partenza, il 20 novembre, è una megalopoli da oltre otto milioni di abitanti ai quali si sommano i quindici milioni dell’hinterland metropolitano. Con i suoi moderni edifici e sfarzosi palazzi reali accanto a baraccopoli traboccanti di umana povertà, rappresenta in pieno la contraddizione del Paese investito da una consistente ripresa economica. Benessere e ricchezza che si concentrano nelle mani di pochi facendo ampliare la forbice delle diseguaglianze.

Nelle baraccopoli cresce l’attesa per Papa Francesco
Nella baraccopoli del quartiere Khlong Toey, tra i grattaceli futuristici che si affacciano sul porto del fiume di Bangkok e le vie commerciali alla moda del centro cittadino, si stima che vivano oltre centomila persone. Poveri senza futuro ai quali si dedica da anni, anima e corpo, padre Alessio Crippa. Il missionario saveriano racconta che «qui la gente è molto accogliente, rispettosa. A fatica costruisce il proprio avvenire, vive alla giornata». La Thailandia è in maggioranza di fede buddista, i cattolici sono meno dell’1%. Ma nonostante questo i poveri delle baraccopoli confidano nella visita di Papa Francesco. «La gente ha delle grandi attese, spera che il Papa possa dar loro voce per farsi sentire dal mondo. Anche se sono tutti buddisti condividono con noi cattolici la gioia per l’arrivo del Pontefice. Rappresenta la possibilità di un riscatto».

Droga e prostituzione, malattie da estirpare
La Chiesa cattolica, pur essendo minoranza, è in prima linea per combattere le malattie endemiche che hanno contagiato la società thailandese: droga e prostituzione. La cartina di tornasole di padre Crippa è proprio la sua baraccopoli. «Molte persone di tutto il Paese ma anche da nazioni confinanti – dice- sono attratte dal miraggio economico della megalopoli che inganna. Una volta arrivati vanno ad ingrossare le baraccopoli e la criminalità». Unico aiuto concreto arriva dai sacerdoti e dai missionari:» Pur essendo buddisti mi dicono: padre, vada a trovare il padre di quel ragazzo che è in carcere o ad accudire quel bambino che è senza più genitori. Noi missionari entriamo nelle case per portare conforto ed instaurare buone relazioni».

Chiesa, in Thailandia prima agenzia d’istruzione
La forza della piccola comunità cattolica è anche quella di essere una delle prime agenzie d’istruzione nel Paese. Conferma padre Crippa: «Il nostro compito di missionari è quello di aprire le porte anche ai più poveri. Nella mia baraccopoli c’è una scuola cattolica molto buona in cui operano suore di una congregazione locale. E poi le élite si formano nei nostri istituti. Anche molti re lo hanno fatto. La visita del Papa ci confermerà in tutto questo e smuoverà le nostre coscienze in senso missionario».

La tappa del Giappone: evento storico
Il 23 novembre Papa Francesco partirà alla volta del Giappone, ultima meta del suo viaggio. La tappa nipponica è la seconda in assoluto di un Pontefice: la prima fu quella di San Giovanni Paolo II nel 1981. Di fatto un evento giudicato straordinario da tutta l’opinione pubblica.

Gioia per la piccola comunità cattolica
Le religioni di maggioranza sono quella autoctona shintoista e quella buddista. I cattolici, presenti solo dal 1549 con l’arrivo di San Francesco Saverio, sono poco più di 400mila. «Per questa piccola comunità la visita di Papa Francesco rappresenta un segno tangibile di incoraggiamento per la propria fede» spiega padre Tiziano Tosolini, da vent’anni in Giappone come missionario. «Il Santo Padre renderà ancora più visibile la loro testimonianza, la loro presenza».

A Nagasaki ed Hiroshima per dire no alle armi nucleari
Papa Francesco, la domenica, nell’Atomic Bomb Hypocenter Park di Nagasaki pronuncerà anche un messaggio sulle armi nucleari. Un momento molto atteso ed apprezzato dai giapponesi, secondo padre Tosolini: «Sarà un gesto profetico. Perché negli ultimi anni c’è una forte spinta politica per rivedere l’articolo 9 della Costituzione che recita: il popolo rinuncia per sempre alla guerra come diritto sovrano della nazione. E quindi rinuncia di fatto agli armamenti nucleari. Quello che dirà il Papa sulla pace e sul disarmo non potrà cadere nel vuoto e convincere quanti pensano di abolire quel comma».

L’omaggio ai Santi Martiri
Sempre a Nagasaki il Papa compirà un atto di omaggio ai Santi Martiri al ›Monumento dei martiri di Nishizaka Hill’. Anche questo un capitolo fondamentale per la piccola Chiesa Giapponese. Lo narra padre Tosolini spiegando che dopo l’arrivo di San Francesco Saverio «la persecuzione è iniziata subito, nel 1614 ed è terminata nel 1873. Ci sono stati più di 250 anni di persecuzioni. Si può dire che la Chiesa Giapponese è stata fondata sul sangue dei martiri». Una storia che è bene ricordare, aggiunge padre Tosolini, come si deve ricordare il fatto che quei cristiani clandestini senza avere nessun missionario e nessun prete – e quindi senza possibilità di celebrare l’Eucaristia – per 250 anni hanno mantenuto intatta la fede e l’hanno trasmessa alle generazioni future. Un esempio per la Chiesa universale.

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