«Dalle donne e dai popoli amazzonici il via a un processo irreversibile nella Chiesa»

Padre Bossi, Superiore generale dei missionari comboniani in Brasile, presidente del REPAM e padre sinodale, lei è soddisfatto del Sinodo? «Io sento che questo Sinodo dà un grande contributo alla Chiesa cattolica, come un fiume che con le sue grandi acque entra nell’oceano di tutta la Chiesa. Si è sentito che lo spirito di Dio ha guidato il Sinodo, in particolare lo abbiamo avvertito nel risultato fraterno e nel sentimento di comunione con cui si è concluso l’incontro».

Quanto è stato utile questo Sinodo per il dramma socio-ambientale dell’Amazzonia? «È chiara e forte la percezione dell’urgenza e dell’emergenza. In primo luogo la Chiesa vi ha risposto con l’ascolto, non un ascolto passivo ma una profezia di dialogo, di alleanza con quei poveri che il modello economico condanna a morte. «Alleanza» è una parola chiave che ha risuonato molto nel periodo dell’ascolto sinodale, quando abbiamo consultato prima del Sinodo migliaia di persone e centinaia di comunità nella Panamazzonia. La richiesta della gente è stata quella di avere una Chiesa presente a fianco delle vittime delle ingiustizie. Il Sinodo ha risposto con chiarezza: la Chiesa assume con ancor maggiore consapevolezza il paradigma dell’ecologia integrale stando accanto alle comunità, a difesa dei loro diritti e dei loro territori. Questo viene espresso nel documento finale con la parola conversione, che è il filo rosso del documento: vivere l’ecologia integrale in Amazzonia, per la Chiesa, la società, la politica e i modelli economici in gioco è riconoscere l’urgenza della conversione».

Conversione è la parola chiave del documento finale del Sinodo. Cosa vuol dire per la Chiesa questa richiesta di cambiamento? «La Chiesa non vuole tanto indicare una direzione, ma piuttosto essere il primo soggetto di un cambiamento aprendosi di più al dialogo interculturale e interreligioso. La Chiesa si impegna nella conversione ecologica con proposte molto concrete, con il coraggio di denunciare, con la vicinanza alle vittime e alle persone minacciate. Apre spazio a nuovi ministeri nella creatività dello Spirito e nell’ispirazione e nell’alimento dell’Eucaristia che è definita dal Sinodo «un sacramento dell’amore cosmico, un incontro di tutte le creature che celebrano la Pasqua»».

Riguardo alle donne auspicate «nuovi ministeri». Il Papa alla fine del Sinodo ha rilanciato la commissione per lo studio del Diaconato femminile che era giunta ad una fase di stallo. Come interpretare tutto questo? «La Chiesa riconosce di avere anco- ra una visione ristretta sulle donne. Questa è un’altra conversione urgente e necessaria e papa Francesco l’ha assunta come una sfida nel suo discorso finale, accogliendo l’appello delle donne che dicevano «vogliamo essere ascoltate»».

Lei tornerà in Amazzonia. Con quale spirito, quali risposte e quali attese? «C’è ancora molto lavoro però siamo incoraggiati dalla forza della comunione ecclesiale che abbiamo vissuto, dalla presenza dello Spirito Santo che conferma i passi della sua Chiesa. Ci rafforza il vigore di papa Francesco e soprattutto la voce delle donne e dei popoli indigeni che hanno risuonato tanto, con dignità e con fermezza, nelle sale vaticane. Si sono rafforzati in questo modo processi irreversibili dentro la Chiesa. Aspettiamo ora l’Esortazione apostolica del Papa che deve arrivare entro la fine dell’anno e restituiremo alle comunità intuizioni, piste di azione e opportunità di collaborazione. Cristo continua a puntare verso l’Amazzonia, ora tocca anche a noi tornarci».

Novità nei ministeri e «diritto a ricevere l’eucaristia»

Dal Sinodo emerge il diritto a poter ricevere l’Eucaristia da parte dei fedeli cattolici di questi popoli amazzonici che vivono in territori immensi, dove passano anche tre anni prima che vi arrivi un prete. «La richiesta di queste comunità è stata condivisa da tutti i padri sinodali» – è il commento di Padre Giacomo Costa, segretario della commissione per l’informazione del Sinodo, «sono state proposte tante soluzioni a riguardo: valorizzare i ministeri, cercare anche un rito inculturato, amazzonico, che permetta altre modalità di vivere questi sacramenti. Tra queste proposte c’è anche quella dei diaconi permanenti con famiglia e con una particolare chiamata al servizio della comunità, che possano essere ordinati sacerdoti. È una richiesta approvata dal Sinodo nell’ottica di questa situazione concreta, remota e particolare. Vedremo come il Papa l’accoglierà. Non sappiamo come questa proposta potrà farci andare in profondità nel nostro modo di intendere i sacramenti e i ministeri. L’importante però non è questa singola soluzione, ma capirne il senso: il diritto all’Eucaristia che hanno i fedeli di queste terre».

Cristina Vonzun

Chiesa cattolica svizzera

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