La voce dal Sinodo del missionario italiano padre Dario Bossi

Sinodo, una parola che mette l’accento  sul cammino comune. A Roma  vescovi, laici, indigeni, donne e uomini,  missionari, religiosi e religiose  della grande regione panamazzonica  (sei milioni di chilometri quadrati  di territorio in 9 paesi del Sud America),  sono riuniti col Papa per cercare  di rispondere a delle sfide concrete:  l’evangelizzazione di queste terre  in molte delle quali, per mancanza di  preti, il 70% delle comunità locali  partecipano alla celebrazione eucaristica  solo una volta all’anno e dove  i martiri per la difesa dell’ambiente e  delle popolazioni locali sono molto  più numerosi di quanto si immagini.  Nel sito che la Santa Sede ha aperto  per il Sinodo (sinodoamazonico.va) c’è una sezione dedicata a cristiani,  preti e laici, donne e uomini,  finiti ammazzati per aiutare gli indigeni  a non essere espropriati delle  proprie terre o per aver impedito lo  sfruttamento incontrollato dell’ambiente  o per aver denunciato qualche  potente. A guardare i loro volti riecheggia  un versetto evangelico:  «Avevo fame e mi avete dato da mangiare,  avevo sete e mi avete dato da  bere» e la sua disarmante conclusione:  «Ogni volta che avete fatto queste  cose a uno solo di questi miei fratelli  più piccoli, l’avete fatto a me».

Padre  Dario Bossi, superiore generale dei  missionari comboniani in Brasile e  presidente di un’organizzazione  partner di Sacrificio Quaresimale,  partecipa al Sinodo. «Papa Francesco  all’inizio dei lavori – racconta il  missionario- ha messo l’accento sul  valore dell’ascolto della realtà delle  popolazioni locali, in risposta e in alternativa  sia alla colonizzazione  ideologica, sia al rischio e alla tentazione  di disciplinare la loro storia, facendo  in questo senso chiaro riferimento  al neocolonialismo e alla tentazione  sempre attuale nella Chiesa  di disciplinare questi popoli». 

Il Papa ha anche accennato ad un  metodo: «Ascoltare e dare valore alla  loro realtà». «A volte – constata il missionario  – l’evangelizzazione stessa,  sembra muoversi esattamente all’inverso  ». Dare valore e voce a questi  popoli. Per questa ragione il Sinodo  non è riducibile a questa tappa finale  in atto a Roma, ma è un cammino  iniziato mesi fa, in Amazzonia. «Nella  regione panamazzonica ha avuto  luogo un lungo e capillare processo  di consultazione durato 8 mesi con il  coinvolgimento diretto di 80 mila  persone e l’organizzazione di 260  grandi eventi», spiega padre Bossi. Il  Sinodo che si concluderà la prossima  settimana risponde – secondo il missionario  – a tre sfide che esprimono  tre istanze del pontificato di Francesco:  «la sfida pastorale dell’Evangelii  gaudium, la sfida di un’ecologia integrale  della Laudato si’ e la sfida di una  Chiesa sinodale della Episcopalis  communio».

Conclude il comboniano:  «Quello che al Sinodo sta facendo  la differenza è la partecipazione  viva degli indigeni e di tante donne, i  loro racconti, le loro riflessioni incarnate  nella vita. Questa gente provoca,  con rispetto ma anche con vigore,  affinché il dibattito non si fermi alla  teoria o ad una visione teologica slegata  dal contesto e dalle sfide territoriali  dell’Amazzonia». (CV) 

Testimonianza di padre Bossi raccolta in settembre, durante gli incendi in Amazzonia:

Chiesa cattolica svizzera

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