Il Papa: il ministero è un dono, non una funzione o un patto di lavoro

Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano

Il ministero ordinato è un dono del Signore, «che ci ha guardati e ci ha detto ›Seguimi’», prima che un servizio, e non certo «una funzione» o «un patto di lavoro». Papa Francesco ha davanti a sé molti vescovi e sacerdoti, che concelebrano nella Messa del mattino a Casa Santa Marta, e nell’omelia ricorda anche chi festeggia il 25esimo dell’ordinazione e il cardinale Edoardo Menichelli, arcivescovo emerito di Ancona, che è sulla soglia degli 80 anni. Invita tutti, e anche sé stesso, a riflettere sulla prima Lettera di san Paolo a Timoteo, proposta dalla liturgia, centrandola sulla parola «dono», sul ministero come dono da contemplare, seguendo il consiglio di Paolo al giovane discepolo: «Non trascurare il dono che è in te».Ascolta e scarica il servizio con la voce del Papa

Non è un patto di lavoro: «Io devo fare», il fare è in secondo piano; io devo ricevere il dono e custodirlo come dono e da lì scaturisce tutto, nella contemplazione del dono. Quando noi dimentichiamo questo, ci appropriamo del dono e lo trasformiamo in funzione, si perde il cuore del ministero, si perde lo sguardo di Gesù che ha guardato tutti noi e ci ha detto: «Seguimi», si perde la gratuità.LEGGI ANCHE19/09/2019

Il rischio di centrare il ministero in noi stessi

Il Papa mette quindi in guardia da un rischio:

Da questa mancanza di contemplazione del dono, del ministero come dono, scaturiscono tutte quelle deviazioni che noi conosciamo, dalle più brutte, che sono terribili, a quelle più quotidiane, che ci fanno centrare il nostro ministero in noi stessi e non nella gratitudine del dono e nell’amore verso Colui che ci ha dato il dono, il dono del ministero.

E’ importante fare, ma prima contemplare e custodire 

Un dono, ricorda Francesco citando l’apostolo Paolo «conferito mediante una parola profetica con l’imposizione delle mani da parte dei presbiteri» e che vale per i vescovi ma anche «per tutti i sacerdoti». Papa Francesco sottolinea quindi «l’importanza della contemplazione del ministero come dono e non come funzione». Facciamo quello che possiamo, chiarisce, con buona volontà, intelligenza, «anche con furbizia», ma sempre per custodire questo dono.

Il fariseo che dimentica i doni di cortesia e accoglienza

Dimenticare la centralità di un dono, aggiunge il Papa, è una cosa umana, e porta l’esempio del fariseo che nel Vangelo di Luca ospita Gesù nella sua casa, trascurando «tante regole di accoglienza», trascurando i doni. Gesù glielo fa notare, indicano la donna che dona tutto quello che l’ospite ha dimenticato: l’acqua per i piedi, il bacio di accoglienza e l’unzione del capo con l’olio.

C’è quest’uomo che era buono, un fariseo buono ma aveva dimenticato il dono della cortesia, il dono della convivenza, che pure è un dono. Sempre si dimenticano i doni quando c’è qualche interesse dietro, quando io voglio fare questo, fare, fare … Sì, dobbiamo, i sacerdoti, tutti noi dobbiamo fare cose e il primo compito è annunciare il Vangelo, ma occorre custodire il centro, la fonte, da dove scaturisce questa missione, che è proprio il dono che abbiamo ricevuto gratuitamente dal Signore.

Il Signore ci aiuti a non diventare ministri imprenditori

La preghiera finale di Francesco al Signore è perché «ci aiuti a custodire il dono, a vedere il nostro ministero primariamente come un dono, poi un servizio», per non rovinarlo «e non diventare ministri imprenditori, faccendieri», e tante cose che allontanano dalla contemplazione del dono e dal Signore, «che ci ha dato il dono del ministero». Una grazia che il Pontefice chiede per tutti, ma specialmente per coloro che festeggiano il 25.mo anniversario di ordinazione.

Chiesa cattolica svizzera

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