Pedofilia in Vaticano: rinviato a giudizio sacerdote di Como

Come comunica in data odierna la Diocesi di Como, la Sala Stampa della Santa Sede nel pomeriggio di martedì 17 settembre ha comunicato ufficialmente la richiesta di rinvio a giudizio di don Gabriele Martinelli e di don Enrico Radice in virtù di un apposito provvedimento del Santo Padre del 29 luglio scorso, che ha rimosso la causa di improcedibilità. La Santa Sede, la magistratura vaticana e quella italiana stanno procedendo nelle fasi di rispettiva competenza, pertanto la Diocesi di Como invita tenacemente a riporre ogni fiducia nel loro operato. La Diocesi di Como ringrazia altresì vivamente tutte le persone che con la loro testimonianza e con la consegna di documenti hanno contribuito a ricercare la verità ed esprime paterna solidarietà verso tutti i soggetti coinvolti, a partire da coloro che hanno raccontato, non senza fatica, le loro esperienze.

«All’epoca dei presunti fatti – spiega l’Ufficio stampa della Diocesi di Como nel comunicato – Gabriele Martinelli frequentava il Preseminario San Pio X in Vaticano e non aveva ancora presentato la richiesta di ammissione agli Ordini Sacri. I presunti fatti furono segnalati nel 2013 e ritenuti infondati nel 2014 dalle autorità ecclesiastiche che espletarono gli accertamenti in merito. Quando fu ordinato diacono il 29 novembre 2016 e presbitero il 10 giugno 2017, tutte le valutazioni sulla personalità dell’ordinando erano positive e tra la documentazione prodotta non risultava alcun parere negativo, nemmeno da parte di coloro che erano a conoscenza delle accuse rivoltegli anni prima. Quando nel novembre del 2017 sono emersi nuovi elementi, la Diocesi di Como è stata delegata dalla Santa Sede a espletare un’indagine previa. Affinché tutte le prove fossero esaminate nella loro effettiva consistenza, sono stati acquisiti numerosi documenti e sono state convocate pressoché tutte le persone che apparivano direttamente informate sui fatti oggetto di accertamento; di queste, la maggior parte ha risposto all’invito – limpido indice di fiducia nella giustizia canonica – e ha reso formale testimonianza. In plurime audizioni si è assicurato costante ascolto, primariamente a coloro che in questa triste storia si sono sentiti lesi. A fronte di nuovi elementi probatori, la decisione di riprendere in mano il fascicolo è stata l’espressione di un’autentica volontà di compiere ogni sforzo per garantire un servizio alla Verità, alle Persone e alla Chiesa, che potesse garantire sicurezza e protezione a tutti i minori e gli adulti vulnerabili, anche attraverso il riconoscimento di eventuali ritardi od omissioni commessi in passato. L’indagine delegata alla Diocesi si è conclusa entro pochi mesi e nel maggio del 2018 il relativo fascicolo è stato consegnato alla Santa Sede per il prosieguo rituale della procedura; in seguito è stata offerta la più ampia collaborazione al Promotore di Giustizia della Città del Vaticano, anch’egli impegnato nel delicato compito di vagliare le responsabilità personali. Sin dall’emersione dei nuovi rilievi, in via cautelativa don Gabriele Martinelli era stato limitato nell’esercizio del ministero e sospeso dallo svolgimento di attività pastorali coinvolgenti minori e adulti vulnerabili, provvedimento che resta in vigore. Misure analoghe sono state assunte nei confronti di don Enrico Radice. La giustizia ecclesiastica e quella civile impongono il riserbo durante lo svolgimento delle indagini e, per questa ragione, in tutti questi mesi la Diocesi si è attenuta a una linea di rispetto, di assoluta riservatezza e fiducia ed è rimasta silenziosamente in attesa delle decisioni delle superiori e diverse autorità preposte all’accertamento di fatti e responsabilità. Con questo medesimo atteggiamento attende il prosieguo del procedimento, nella vicinanza paterna a tutte le persone coinvolte e all’intera comunità credente».

Chiesa cattolica svizzera

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