Nell'inferno di Samos dove i migranti vivono come bestie

È probabile che i lettori conoscano Samos come uno dei paradisi dove  trascorrere le vacanze estive: di fatto questa isola greca dell’Egeo orientale è una magnifica località balneare. Ma oltre ai resort e agli hotel per i turisti,  Samos è pure uno dei 5 hotspot ufficiali  della Grecia, quindi sul territorio  dell’UE, allestiti per identificare rapidamente  e registrare i migranti che  sbarcano in Europa, in vista di un successivo  trasferimento.

La realtà, purtroppo  però supera le buone intenzioni  di coloro che hanno pianificato il  passaggio temporaneo negli hotspot;  così questi luoghi di transito si trasformano  in «residenze» a lunga durata.  Un’équipe televisiva di Strada Regina  ha visitato l’isola, realizzando un reportage  in tre puntate sulla tematica  migratoria che andrà in onda a partire  da oggi. Abbiamo dato la parola in  questo articolo al collega Francesco  Muratori che è stato con il collega  Mauro Triani nell’isola greca. «A Samos  – racconta Francesco Muratori –  mi ha colpito il grandissimo contrasto  tra il luogo di vacanza e la miseria dei  migranti, lasciati in uno stato difficile  da descrivere a parole. Sono persone  che hanno vissuto drammi tremendi,  la maggioranza è composta da cristiani  che arrivano da Afghanistan, Pakistan,  Siria e paesi dell’Africa centrale.  I musulmani sono molto meno. Queste  persone si aspetterebbero di essere  accolte, in realtà quello che viene  dato loro appena sbarcate è «forse» un  saccoletto, con l’indicazione di arrangiarsi  a trovare un posto per vivere.  L’hotspot è sovraffollato rispetto alle  reali capacità di accoglienza e le condizioni  igieniche sono indicibili». 

Quanto tempo trascorrono i migranti,  tra i quali donne e bambini,  anziani e malati, nell’hotspot di Samos?  «I migranti possono restare lì da 6 a 8  mesi, ma taluni anche diversi anni. Il  peggiore dei mali è questo «tempo  vuoto» nel quale sono costretti a vivere.  Non hanno nulla da fare se non trascorrere  dalle 4 alle 5 ore al giorno in  fila, per ricevere sempre lo stesso pasto,  uno solo al giorno, composto da  riso in bianco e pollo. All’interno del  campo, previsto per 650 persone e che  oggi ne accoglie 5000, non c’è più spazio  quindi i migranti si sistemano in  alloggi di fortuna (vedi foto). Gli sbarchi  quotidiani sono tra le 30 e le 40  persone. Nell’hotspot non ci sono bagni  agibili, non c’è acqua, non c’è corrente  elettrica e non c’è sicurezza, di  notte succede di tutto, ci sono topi e  serpenti, non ci sono medici: adulti,  donne e uomini, disabili, bambini,  persone che hanno necessità sanitarie,  tutti sono lì, insieme. Questa è la  popolazione dei campi. Secondo dati  statistici l’85% delle  persone accolte in questi  hotspot presenta  problemi psichiatrici  dovuti non solo a traumi  precedenti ma anche  alle condizioni di  accoglienza. Va detto  che in altri hotspot europei,  ad esempio i 5  italiani, i migranti vi soggiornano al  massimo una settimana. A Samos la  situazione sembra quindi essere molto  malgestita». 

I volontari che margini di manovra  hanno?  «Se da un lato non sono ben visti  dall’autorità perché vengono ritenuti  dei testimoni non graditi, hanno margini  di manovra nello spazio che c’è  tra la legge sulla richiesta d’asilo e l’applicazione  della stessa. In questa zona  «grigia» i volontari operano secondo  criteri umanitari. La loro discrezione,  in diversi casi, fa da discriminante  tra la vita e la morte dei migranti». 

Cosa riescono a fare le OnG?  «Si occupano dell’istruzione dei minori  migranti che non sono sempre  benvoluti nelle scuole locali. Sono  bambini che arrivano dopo 3 o 4 anni  di viaggio, taluni, per  ragioni di discriminazione  culturale o religiosa  nei loro paesi  d’origine non hanno  mai potuto accedere  ad un’istruzione. Altri  volontari si occupano  del cibo, consegnandolo  a coloro che hanno  problemi sanitari, donne incinte,  disabili, anziani malati, che non potrebbero  fare 5 ore di fila per ricevere la  razione quotidiana. Altri si occupano  di investire in attività diverse, che rendono  meno passivo il soggiorno dei  migranti».  Le religioni assistono i migranti?  «La Chiesa cattolica offre un’assistenza  spirituale grazie ad un sacerdote  belga che si muove nelle diverse isole  dell’Egeo, alternandosi con un altro  prete. La comunità di Sant’Egidio, impegnata  in tutto il Mediterraneo, ha  fatto recentemente un progetto che  presto renderà operativo a Samos. La  Chiesa ortodossa presente nell’isola  dice di non avere al momento attuale  le risorse per riuscire ad occuparsi dei  migranti. Su altre isole invece (Lesbo,  ad esempio) ci sono degli interessanti  progetti ecumenici, che coinvolgono  ortodossi, cattolici ed evangelici.  Nell’hotspot Samos c’è una moschea  che è stata trasformata in dormitorio». 

Che impressione personale ti sei fatto?  «Devo dire che siamo tutti mentalmente  allenati a trovare delle giustificazioni  davanti a questa situazione:  diciamo che le migrazioni vengono  gestite da trafficanti illegali, ed è vero,  se pensiamo a chi imbarca questa  gente. Ma a Samos ho visto un paradosso  inaccettabile: queste persone  vivono come animali sebbene abbiano  già ricevuto la tutela giuridica  dell’UE (perché le loro domande di  fatto -in tanti casi- sono già state accolte).  È un fatto difficile da capire. Eppure  a Samos è così. Ed il focus delle  autorità non mi pare sia quello di risolvere  il problema, bensì quello di tenere  lontano chi potrebbe raccontarlo».

Le migrazioni a «Strada Regina»

Sono tre le puntate che Strada Regina,  il settimanale di informazione  religiosa in onda su RSILa1 il sabato  alle 18.35, dedica alla questione  migranti in Grecia. Realizzate  da Francesco Muratori e Mauro  Triani le tre puntate sono state girate  a luglio sull’isola di Samos, per  documentare una situazione che  dura da anni, e che appare al momento  senza rimedio.  Oggi, sabato 14 settembre va in  onda una prima puntata dedicata  alla situazione dei migranti  nell’hotspot dell’isola greca di Samos.  Sabato 21 settembre, al centro  della puntata invece sarà la storia  di un giovane volontario italiano  che a Samos ha creato dal nulla  una piccola scuola per i migranti  minorenni: Nicolò Govoni che tra  l’altro sarà ospite in Ticino il prossimo  4 ottobre, per una serata pubblica.  Vi aggiorneremo.  Il 5 ottobre ci sarà quindi una terza  puntata nella quale si affronteranno  le migrazioni come fenomeno  globale del nostro tempo, con il  professor Maurizio Ambrosini,  dell’Università Statale di Milano. 

Migrazioni, l’analisi del prof. Ambrosini

La percezione di un fenomeno migratorio  montante è un dato di senso  comune così potente e comunemente  accettato da non essere mai  posto in discussione. Ma la realtà è  proprio quella che appartiene  all’immaginario collettivo magari  anche condiviso ed esasperato  dall’informazione «fai da te» dei social  network, oppure dietro a questa  narrazione ci sono altre cifre? 

Una domanda a cui vuole rispondere  il professor Maurizio Ambrosini  esperto di sociologia delle migrazioni  e docente dall’Università Statale  di Milano. Ambrosini sarà ospite  della puntata di Strada Regina  del 5 ottobre. Il suo libro «Accogliere,  governare e integrare l’immigrazione:  una questione di civiltà»  pubblicato dalla Fondazione Gorrieri  nel 2019 si propone di offrire  una lettura  del fenomeno  migratorio  soprattutto  in Europa,  confrontando  le rappresentazioni  correnti con  le evidenze  statistiche. 

Cristina Vonzun 

Chiesa cattolica svizzera

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