Social: anche in Svizzera troppo spesso strumenti di odio

Il Servizio di lotta contro il razzismo (SRL della Confederazione, in un rapporto del 2 settembre scorso indica che anche in Svizzera sono in aumento sui social discorsi di odio legati al razzismo.

La discriminazione ha molteplici volti tra cui quello dell’espressività sui social network. Il rapporto stilato dal Servizio di lotta contro il razzismo (SLR) fa una sintesi sugli ultimi dati disponibili e presenta le misure di lotta contro il razzismo prese dalla Confederazione. Questo servizio, che dipende dal Dipartimento federale degli interni (DFI) è incaricato di prevenire il razzismo e pubblica ogni due anni un rapporto sulla discriminazione nel Paese. Utile strumento di referenza per tutte le persone interessate, il rapporto della SLR è anche uno  strumento di monitoraggio della coabitazione sociale in Svizzera. I dati analizzati si riferiscono al 2017 e al 2018 e le fonti sono l’inchiesta Vivre ensemble en Suisse (VeS) dell’Ufficio federale di statistica e osservatori vari sul tema della giustizia. Ad essere maggiormente toccati dal fenomeno i giovani: oggigirono si conta che il 38% dei giovani tra i 15 e i 24 anni negli ultimi cinque anni sono stati vittima almeno una volta di razzismo in rete.

Razzismo in linea

«Bisogna identificare la discriminazione e chiamarla con il suo nome», scrive Alain Berset, a capo del DFI, nella prefazione del rapporto: «Sono indispensabili delle modifiche strutturali, sul posto di lavoro, nella vita pubblica, nella ricerca di un alloggio, tutti ambiti dove può emergere un atteggiamento discriminatorio verso alcune fasce della popolazione. Tutti dovrebbero poter partecipare e contribuire in ugual misura al bene della società, indipendentemente dall’origine, dalla nazionalità o dall’appartenenza religiosa».

«La rete è diventata un raccoglitore perfetto di tutta una serie di atti razzisti. Su internet si osa dire quello che nella realtà non si direbbe mai. Per comprendere il razzismo oggi, bisogna comprendere internet e i suoi meccanismi», fa notare Alain Berset.

Il rapporto torna più volte su questo punto: «I discorsi di odio su internet hanno preso una tale proporzione e sono di una tale gravità da nuocere al dibattito democratico». Per questo bisognerebbe mettere in azione delle strategie e delle misure di prevenzione, nonché prevedere una chiara risposta penale per contrastarli. L’auspicio è che, anche in seno alla Confederazione, questo rapporto torni a far riflettere sul tema.

cath.ch/red

Chiesa cattolica svizzera

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